di Glauco D’Agostino
La situazione in Ucraina è preoccupante. L’intera comunità internazionale, notoriamente pacifista, invoca una soluzione equa. Se esistono diatribe politiche interne in Ucraina, qualcuno deve prendere l’iniziativa per pacificare quella terra sfortunata.
Al di là dei sentimenti popolari, le diplomazie cercano una soluzione. Esistono dei precedenti che il mondo intero, compreso l’ONU, ha accettato e avallato per ben 20 anni. La soluzione è quella adottata in Afghanistan nel 2001. Le cause sono molto differenti, su questo non c’è dubbio e su questo gli storici non hanno dubbi. Tuttavia, esistono delle similarità nella situazione interna di quei Paesi, ieri in Afghanistan, oggi in Ucraina. Una guerra civile tra fazioni armate, diverse etnie e gruppi linguistici che si confrontano, opzioni politiche apparentemente irriducibili, tendenze ad alleanze internazionali contrapposte. Situazione difficile e complicata. E tuttavia, per l’Afghanistan la soluzione è stata rapida e universalmente accettata. L’invasione del Paese, la dichiarazione del governo come movimento terroristico, il regime-change, l’instaurazione di un governo fantoccio, nuove elezioni sotto occupazione militare, l’insediamento di un governo legittimamente espressione del voto popolare, eventuali contestazioni di frodi elettorali risolte a tavolino dagli occupanti, mobilitazione indefinita contro il pericolo di una restaurazione, mobilitazione diplomatica per il riconoscimento internazionale della nuova situazione di fatto.
A dire il vero, a complemento dell’invasione militare, per l’Afghanistan sono state istituite o abilitate molte installazioni belliche dell’occupante in Paesi confinanti molto riluttanti, come il Tajikistan e l’Uzbekistan. Ma questo potrebbe essere un dettaglio, che finora l’autocrate Putin non ha messo in atto emulando la saggezza dei governanti occidentali democratici. Così come, finora, non ha scatenato la caccia all’uomo contro il leader uscente in quanto terrorista. Tuttavia, a parte questi dettagli, in Ucraina il quadro sembra simile a quello dell’Afghanistan del 2001. Dopo tutto, un quadro accettabile per determinare la stabilità del Paese e, soprattutto, per evitare un’estenuante guerra di logoramento che non serve a nessuno e fa male alle incolpevoli popolazioni che la subiscono.
Tutte le informazioni disponibili, che sono quelle fornite dalle intelligence occidentali, sembrano andare in questa direzione. L’invasione è in atto, l’infiltrazione di gruppi neo-nazisti è stata paragonata al terrorismo, Putin si è rivolto all’Esercito ucraino per attuare il regime-change e finalmente determinare un governo legittimo. La giusta direzione, quella già approvata da tutti per l’Afghanistan, è quella di nuove elezioni sotto occupazione militare, l’insediamento di un governo legittimamente espressione del voto popolare, eventuali contestazioni di frodi elettorali risolte a tavolino dagli occupanti, mobilitazione indefinita contro il pericolo di una restaurazione, mobilitazione diplomatica per il riconoscimento internazionale della nuova situazione di fatto.
Sembra che Biden non sia d’accordo. E tuttavia, l’attuale Amministrazione, e soprattutto l’opinione pubblica americana, dovrebbe prendere atto del fallimento del provocato evento artificiale di Euromaidan (nome evocativo e molto efficace) e dell’agitazione delle piazze in mezzo mondo. Qualcuno lo chiama populismo. Ma i populisti non erano gli avversari di Biden? Sembra un comportamento ideologico e irrazionale. Mistero della fede!
Proprio oggi l’Unione Europea, contrapposta all’Impero neo-Tsarista e in linea con Washington, chiede la mediazione della Repubblica Popolare Cinese, fino a ieri il campione malefico che sta ricostruendo il Celeste Impero del Dragone. E pensare che l’U.E. (e in particolare l’Italia di Mario Draghi) ha posto mille ostacoli all’attuazione della Via della Seta, considerata come quinta colonna per l’espansione degli interessi cinesi. Attenta, Bruxelles! Se oggi chiedi la mediazione di Pechino, Washington potrebbe indispettirsi. Per contro, se non lo fai, qualcuno potrebbe considerare i Paesi aderenti come retti da governi-fantoccio, un po’ come quello insediato nel 2001 in Afghanistan e come quello che si ritiene Putin possa insediare a Kiev.
Un bel dilemma per i governi e le diplomazie europee, ma anche per i leader e le diplomazie del Paesi aderenti alla NATO, attualmente capeggiati dall’ex comunista-leninista Stoltenberg. Pensate alle incongruenze: la Repubblica Popolare Cinese, un Paese retto dal Partito unico Comunista, punta sul libero commercio internazionale per affermare la sua potenza; i Paesi occidentali di democrazia liberale basano la loro volontà di potenza sulle sanzioni, che sono uno strumento di ricatto economico che limita la libertà di scambio.
Mah! Sarà giusto così. Ne consegue che, come abbiamo accettato l’Afghanistan del 2001, così, per coerenza, oggi abbiamo il dovere civile di accettare l’Ucraina dell’auto-determinazione del 2022. Ne riparliamo nel 2042. Ce lo impone la democrazia liberale edificata sulle armi!