Turchia – Referendum: Erdoğan saluta la chiara vittoria nella votazione sui nuovi poteri

Reazioni contrastanti dai leader mondiali. Gli osservatori elettorali internazionali consegnano un graffiante verdetto sulla congruità del referendum turco

Elaborazione da fonti: BBC News, 16 April 2017; RTE, Monday, 17 Apr 2017, 16:16; Raf Sanchez e Burhan Yüksekkaş

Il Presidente turco Recep Tayyip Erdoğan ha rivendicato la vittoria nel referendum che gli concede ampi nuovi poteri e che ha avuto una chiara maggioranza. Parlava a Istanbul, quando lo scrutinio era quasi completato. Con oltre il 99% delle schede scrutinate, il “Sì” era al 51,36% e il “No” al 48,64%. Il Consiglio Elettorale della Turchia ha poi dichiarato che il ‘Sì’ si è assicurato la vittoria con poco più del 51% dei voti.

Le modifiche approvate dal referendum emendano l’attuale Costituzione, scritta dai generali dopo il colpo di stato militare del 1980.

I sostenitori di Erdoğan dicono che la sostituzione del regime parlamentare con una Presidenza dotata di maggiori poteri esecutivi modernizzerà il Paese. I due principali partiti di opposizione contestano i risultati. Mentre esultanti sostenitori di Erdoğan si sono radunati nelle grandi città, a Istanbul gli oppositori del referendum manifestavano con pentole e padelle, in una forma tradizionale di protesta.

“Oggi … la Turchia ha assunto una decisione storica”, ha detto il Presidente durante un incontro a Palazzo Huber, la sua residenza ufficiale estiva sul Bosforo, a Istanbul. “Assieme al popolo abbiamo realizzato la riforma più importante nella nostra storia”. Poi ha invitato tutti a rispettare l’esito del voto e ha anche detto che il Paese potrebbe affrontare un referendum sulla reintroduzione della pena di morte, un passo che per Ankara significherebbe quasi certamente la fine del processo di adesione all’U.E. Di solito, dal balcone tiene discorsi trionfanti, nota il corrispondente della BBC in Turchia Mark Lowen, ma questo era un discorso al chiuso e  in sordina.

Il Vice Primo Ministro Veysi Kaynak ha ammesso che il “sì” ha avuto risultati inferiori a quanto previsto. Se confermato, il “sì” potrebbe anche vedere Erdoğan restare in carica fino al 2029.

Le riforme rappresentano il programma più ampio di cambiamenti costituzionali da quando la Turchia divenne una repubblica quasi un secolo fa. Al Presidente saranno conferiti poteri di gran lunga maggiori, tra cui emanare decreti e sciogliere il Parlamento. La proposta approvata indica che le modifiche apportate alla Costituzione entreranno in vigore dopo le prossime elezioni presidenziali e parlamentari, che si terranno il 3 novembre 2019.

Per grandi linee:

  • Il Presidente avrà un mandato di cinque anni, per un massimo di due mandati;
  • Il Presidente potrà nominare direttamente alti funzionari pubblici, tra cui i ministri;
  • Potrà anche nominare uno o più Vice Presidenti;
  • La carica di Primo Ministro, attualmente detenuta da Binali Yıldırım (nella foto sotto), sarà abolita;
  • Il Presidente avrà il potere di intervenire sulla magistratura, che Erdoğan ha accusato di essere influenzata da Fethullah Gülen, il predicatore con base in Pennsylvania da lui incolpato per il fallito colpo di stato di luglio;
  • Il Presidente deciderà se imporre lo stato di emergenza.

Il Presidente Erdoğan ha detto che i cambiamenti sono stati necessari per affrontare le sfide politiche e sulla sicurezza della Turchia nove mesi dopo il tentativo di colpo di stato e per evitare i fragili governi di coalizione del passato. Il nuovo sistema, ha sostenuto, somiglierà a quelli di Francia e Stati Uniti e porterà la calma in un periodo di turbolenze contraddistinto da un’insurrezione curda, dalla militanza islamista e dal conflitto nella vicina Siria, che ha determinato un enorme afflusso di rifugiati.

I partiti di opposizione temono che queste renderanno la posizione del Presidente troppo forte, sostenendo che si tratterà del governo di un solo uomo, senza i controlli e gli equilibri di altri sistemi presidenziali.

Un team dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE) ha detto senza mezzi termini che il voto non è stato equo.

L’OSCE non ha alcun potere di imporre sanzioni o una ripetizione del voto, ma è probabile che le sue conclusioni incoraggino l’opposizione turca, visto che il kemalista Partito Repubblicano del Popolo (CHP) ha chiesto il riconteggio del 60% dei voti per presunte irregolarità.

Erdoğan ha respinto le critiche dell’OSCE e ha promesso di portare avanti i programmi di rinnovamento della Costituzione in Turchia. “Continueremo il nostro cammino”, ha detto. “Questo Paese ha tenuto le elezioni più democratiche che siano mai state viste in qualsiasi altro Paese in Occidente”.

Il Ministero degli Esteri della Turchia ha subito replicato alle critiche dell’OSCE, chiamandole “inaccettabili” e dicendo che la missione di osservatori è arrivata in Turchia “con pregiudizi e ha ignorato i principi di obiettività e neutralità”.

Il Vice Primo Ministro Mehmet Şimşek ha detto che il campo del “Sì” ha “vinto in modo chiaro” e ha esortato il Paese ad andare avanti. Ha anche indirizzato una nota conciliante verso l’U.E.: “L’U.E. è un importante partner commerciale per noi, non ci sono altri mercati per la merce che vendiamo verso l’U.E.”, ha detto a Bloomberg. “Da oggi il nostro rapporto con l’U.E. dipenderà dai benefici reciproci”.

I leader mondiali hanno avuto reazioni contrastanti sul referendum turco.

La Russia ha detto che il voto deve essere rispettato.

L’Unione Europea ha avuto una blanda reazione ai risultati di ieri, dicendo di aver preso “atto dei risultati riportati”, ma di aspettare la relazione degli osservatori internazionali “per quanto riguarda presunte irregolarità”. “In considerazione dello stretto risultato del referendum e delle implicazioni di vasta portata delle modifiche costituzionali, anche noi chiediamo alle autorità turche di ricercare il più ampio consenso possibile a livello nazionale nella loro attuazione”, dice la dichiarazione del Presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker e di Federica Mogherini, Alto Rappresentante dell’Unione Europea per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza.

I rapporti Turchia-U.E. hanno raggiunto il minimo durante la campagna referendaria, quando i Paesi dell’Unione Europea, tra cui Germania e Paesi Bassi, hanno impedito a ministri turchi di tenere comizi a sostegno delle modifiche. Erdoğan li aveva chiamati “atti nazisti” e aveva detto che la Turchia potrebbe riconsiderare i legami con l’Unione Europea dopo lunghi anni di richiesta di adesione all’U.E. Un ulteriore deterioramento delle relazioni con l’Unione Europea potrebbe anche compromettere l’accordo dello scorso anno, in base al quale la Turchia ha frenato i flussi migratori, principalmente profughi di guerra da Siria e Iraq.

Il Cancelliere tedesco Angela Merkel ha detto che lo stretto margine del risultato ha mostrato quanto la società turca sia profondamente divisa e che questo comporta una grande responsabilità per la leadership turca e personalmente per il Presidente Erdoğan.

Dopo che Erdoğan ha ribadito la sua intenzione di riesaminare la sospensione della pena di morte in Turchia, il Ministro degli Esteri tedesco Sigmar Hartmut Gabriel ha anche avvertito la Turchia che questo sarebbe “sinonimo di fine del sogno europeo” e segnerebbe la fine di decenni di negoziati per aderire all’Unione Europea. È nello “stesso interesse” della Turchia non prendere ulteriormente le distanze dall’Europa, ha detto il Ministro social-democratico in un’intervista al popolare quotidiano Bild.

L’ex Primo Ministro belga Guy Verhofstadt, che è a capo del gruppo di deputati liberali al Parlamento Europeo, ha dichiarato che Erdoğan deve cambiare rotta, facendo notare che il risultato è molto serrato. “Se Erdoğan persiste, l’U.E. dovrebbe fermare i colloqui di adesione”, ha detto.

La reazione dell’Amministrazione Trump sarà fondamentale, visto che il Presidente Erdoğan spera di consolidare la sua vittoria con il riconoscimento internazionale. Il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti non ha commentato i risultati. La Casa Bianca sta procedendo con attenzione nei confronti della Turchia, perché ha bisogno del sostegno turco nella lotta contro lo Stato Islamico in Siria, ma deve bilanciare le richieste di Ankara con quelle dei Curdi, alleati dell’America.

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