di Raphaël Mvogo
Libera traduzione da: Xinhua (French.xinhuanet.com), 2016-04-11, 01:09:54
Il Tchad non è più vicino a ricadere nella violenza, ha dichiarato il Presidente Idriss Déby Itno (nella foto sopra), al potere da ventisei anni e candidato alla propria successione contro dodici avversari dell’opposizione nelle elezioni presidenziali, tenute domenica scorsa in un clima comunque teso, e segnate da scioperi e carcerazioni di personalità della società civile.
“Abbiamo conosciuto periodi di disordine, non ci sarà più nessun disordine e nessun cittadino del Tchad è pronto a fare una mossa che ci possa portare indietro. Abbiamo fatto un grande balzo in avanti e continueremo a farlo”, ha detto il Capo dello Stato uscente in una dichiarazione alla stampa, dopo aver votato domenica mattina a Djambal-Ngato, non lontano dal suo palazzo.
Meno di cinque anni dopo le elezioni precedenti di dicembre 2011, circa sei milioni di elettori tchadiani registrati erano chiamati alle urne per eleggere il loro futuro leader dei prossimi cinque anni.
A 64 anni, l’ex signore della guerra che aveva preso il potere con un colpo di stato militare, rovesciando a marzo 1990 il regime di Hissène Habré (oggi a giudizio a Dakar, in Senegal [davanti alle Camere Africane Straordinarie, tribunale speciale istituito da un accordo tra l’Unione Africana e il Senegal, N.d.T.]), si ripresenta con l’ambizione di accelerare l’attuazione del suo progetto di emergenza economica al 2020.
Gli si oppongono dodici candidati dell’opposizione, dopo il ritiro di Mahamat Yosko Brahim Ali, altro candidato aderente al Movimento Democratico Africano (MDA), causato da una convergenza dell’ultimo minuto verso il campo presidenziale, severamente criticato da una parte della popolazione tchadiana, ancora scossa dallo stupro collettivo subito da sua figlia da parte di figli di personalità vicine al potere.
Questo episodio, avvenuto poche settimane prima delle elezioni, si è aggiunto ad un contesto già agitato dagli appelli alla resistenza popolare lanciati dai leader di organizzazioni della società civile, seguiti da due scioperi simultanei nei settori della sanità e dell’istruzione.
Inoltre, l’opposizione ha inviato avvertimenti al potere di N’Djamena contro una possibile “rapina elettorale”. Ma per il Presidente Déby “le elezioni non dovrebbero essere fonte di crisi, di divisione o fonte di lacerazioni”.
“Il Tchad – ha esortato in compagnia della moglie Hinda – deve uscire più grande da queste elezioni. Il Tchad deve uscire da queste elezioni con la sua unità rafforzata, perché durante questo processo abbiamo mantenuto un dialogo. Anche se c’è stato qualche sbandamento durante la campagna, bisogna comprenderlo, personalmente lo comprendo”.
“Sono molto soddisfatto nel constatare che l’organizzazione di queste elezioni è stata perfetta e accolgo davvero con favore il lavoro svolto dalla CENI [la Commissione Elettorale Nazionale Indipendente, in vigore da agosto 2013]”, ha ulteriormente sottolineato.
Questo processo, ha anche detto, “è cominciato nel quadro del dialogo politico con tutti i partiti politici e con la costituzione di una CENI paritaria fin dall’inizio. Questo è certamente un processo lungo, anche a fronte di una difficile situazione finanziaria. Il Tchad ha tenuto assolutamente a indire elezioni questa volta, d’accordo con noi stessi, d’intesa con tutti i partiti politici”.
A parte la Nigeria, il Camerun e il Sudan, nessun altro appoggio esterno è stato ricevuto dalla comunità internazionale, ha lamentato.
“Sapete che questo è molto costoso, stranamente tutti i nostri partner ci hanno abbandonato. Nessuno è venuto, come avviene altrove, o anche come al Tchad è stato fatto nel tempo. I partner ci hanno abbandonato, ma tanto meglio”, si è però consolato.
Iniziato alle 6 (ora locale, alle 5 ora di Greenwich), il voto è proseguito fino alle 17,30 (16,30 di Greenwich), ora di chiusura ufficiale. I risultati non saranno resi noti prima di due settimane circa, hanno comunicato fonti vicine al governo.
Ma, nel frattempo, il Presidente Déby Itno ha invitato “la classe politica ad accettare nel modo più sincero e onesto possibile i risultati delle urne, la scelta del popolo. Ciò che conta è la costruzione del Paese”.
Per inciso, si è scagliato contro la falsa immagine trasmessa da “media obsoleti” che “non vedono che nero in Africa” e si adoperano per la “distruzione dei neri, screditandoli”.