Libera traduzione da: The Regional Center for Strategic Studies, Cairo, Islamic Movements Study Program, 01/09/2015
I Tālibān dell’Afghanistan hanno vissuto una netta spaccatura dopo l’annuncio della morte del loro leader, il Mullāh ‘Omar (nella foto a sinistra), e la nomina al suo posto del Mullāh Akhtar Moḥammed Manṣūr (nella foto sopra). Questo passo ha spinto il gruppo verso una sfida fatale, che minaccia la sua coesione. Questo è particolarmente rilevante alla luce delle minacce provenienti da IS e dei suoi sforzi per governare con la forza l’Afghanistan e attrarre componenti verso le loro fila. Il coinvolgimento di IS solleva numerosi interrogativi sul futuro dei Tālibān sotto la nuova leadership e sulla misura in cui i nuovi leader siano in grado di superare i tentativi di dividere il movimento.
Molteplici ragioni
La disputa sulla successione si è intensificata semplicemente con l’annuncio della morte del Mullāh ‘Omar, tanto più che questi non era solo un leader dal punto di vista materiale, ma rappresentava anche un valore simbolico e deteneva uno status spirituale tra i membri del movimento. Questo fatto lo aveva condotto ad essere riconosciuto come Comandante dei Credenti, che estendeva la sua influenza al di là anche dei Tālibān stessi. ʾUsāma bin Lādin, l’ex leader di al-Qā‘ida, aveva dichiarato la sua fedeltà al Mullāh ‘Omar e l’anno scorso al-Qā‘ida aveva rinnovato tale fedeltà. Gli sforzi del Mullāh ‘Omar di unificare le organizzazioni jihādiste sparse nel sud dell’Asia sono stati un elemento del quadro sopra detto. Proprio questo è il motivo per cui è scoppiata la crisi, non avendo nessun altro dei Tālibān la stessa posizione del Mullāh ‘Omar.
Anche se il Mullāh Manṣūr, secondo diverse indicazioni, è una delle figure più influenti dei Tālibān, l’annuncio che sarebbe stato nominato leader del movimento ha suscitato reazioni contrastanti da più parti. La famiglia del Mullāh ‘Omar, rappresentata dal figlio Mullāh Yaqub e dal fratello Mullāh ‘Abdel Manan, ha rifiutato di giurare fedeltà al successore annunciato. I leader religiosi hanno chiesto l’arbitrato su crescenti controversie riguardanti il trasferimento di potere all’interno del movimento, piuttosto che giurare fedeltà a qualsiasi parte. Il Mullāh ‘Abdel Manan è stato supportato dal Primario Consiglio dell’Emirato Islamico dell’Afghanistan, che ha annunciato il suo rifiuto di nominare leader del movimento il Mullāh Manṣūr, secondo quello che ha descritto come una decisione individuale. Il Consiglio ha confermato che “un successore del Mullāh ‘Omar non sarà nominato fino a quando non finisca il periodo di lutto e tutti i gruppi si saranno incontrati”.
Tra coloro che si sono opposti alla nomina del Mullāh Manṣūr c’erano il Mullāh Moḥammed Ḥasan Rahmānī, Govenatore di Kandahār, e il Mullāh ‘Abdur Razzaq, Ministro dell’Interno dei Tālibān, e i loro sostenitori, che costituiscono una potenza in seno al movimento. Questo gruppo ha ritenuto la scelta del Mullāh Manṣūr un colpo di stato contro la legittimità e ha cercato di attrarre persone interni al movimento a sostegno del Mullāh Yaqub, 26 anni, figlio del Mullāh ‘Omar, che recentemente si è laureato in una madrasa di Karachi, in Pakistan. In definitiva, non sono riusciti a esercitare pressioni sulla leadership del movimento per realizzare ciò. Tuttavia, Sayyid Muḥammad Ṭayyab Āghā (in basso nella foto sopra), già Capo dell’Ufficio Politico dei Tālibān, ha dichiarato durante il suo discorso di dimissioni che la scelta di un nuovo leader per il movimento “da Afghani fuori dal Paese [sarebbe un] grosso errore”, perché “avrebbe gravi conseguenze per il popolo afghano”.
Possibili problemi
Alla luce della loro nuova leadership, i Tālibān devono affrontare due problemi principali per il futuro:
- Mantenere la coesione nel movimento, che rimane subordinata alla capacità del nuovo leader di contenere contrasti interni. La possibilità di discordie si è rivelata durante il discorso di nomina del Mullāh Manṣūr. Sulla loro pagina ufficiale i Tālibān hanno pubblicato una registrazione audio del nuovo leader, che chiede a tutti i capi e gruppi del movimento di rimanere coesi e uniti. Il Mullāh Manṣūr ha anche invitato tutti a rifiutare discriminazioni e ha sottolineato: “andare avanti su progetti elaborati dall’ex leader al fine di applicare la Legge Islamica in Afghanistan ed eliminare l’occupazione [del Paese]”. Ha ammonito i leader e membri contro “gli sforzi esercitati da alcune delle parti per disgregare le fila dei Tālibān“, sottolineando che “saranno fatti sforzi vigorosi per soddisfare tutti i leader e membri del movimento”.
Naturalmente, alla luce della gravità crescente delle controversie tra i leader del movimento, questo non sembra essere un compito facile. Questo fenomeno ha sollevato preoccupazioni che il gruppo estremista guidato dal Mullāh ‘Abdul Qayyum Zakir [nome di guerra ʿAbdullāh Ghulam Rasūl, N.d.T.] e alcuni membri della famiglia del Mullāh ‘Omar abbiano stabilito un nuovo braccio armato posizionato sia contro il governo sia contro i Tālibān, con il sostegno proveniente da parti che potrebbero trarre beneficio dal continuo conflitto in Afghanistan. Questo significherebbe un livello di gravità crescente nella spaccatura tra le file del movimento, in un modo che potrebbe gradualmente indebolire il suo ruolo nel prossimo futuro.
Fermare l’espansione di IS, che non ha smesso di espandersi in Afghanistan da quando è emerso a inizio 2015, in particolare in aree controllate dal governo afghano così come in quelle soggette all’influenza dei Tālibān. IS è riuscito a controllare una serie di roccaforti nella Provincia di Helmand e alcune aree della provincia di Zabul, vicino Kandahār, il suo centro principale d’influenza. Ciò che colpisce in questo contesto è che l’attività di IS non si è limitata alle aree meridionali lontane dalla capitale Kabul. Aree limitrofe hanno constatato gli spostamenti di combattenti affiliati all’organizzazione, simili a quanto già visto nella Provincia di Logar. Sembra che IS abbia iniziato a insediare accampamenti in remote aree di montagna.
Infine, a causa degli sviluppi tra i Tālibān, la successione del Mullāh Manṣūr in questa fase critica sarà legata alla sua capacità di gestire i cambiamenti interni ed esterni cui deve far fronte il movimento. Ma, alla luce dei rapidi sviluppi di cui l’Afghanistan è attualmente testimone, questo compito non sembra facile.