Siria – L’inviato dell’ONU Geir Otto Pedersen apre le porte alla risoluzione di 8 anni e mezzo di guerra

Libera traduzione da: Al-Monitor, September 27th, 2019

Abbiamo avuto l’opportunità di raggiungere Geir Pedersen, che è stato nominato inviato speciale per la Siria a ottobre 2018.

Pedersen è uno di quei diplomatici di livello mondiale che non cerca le luci della ribalta, ma spesso vi finisce a causa della sua reputazione e dei suoi precedenti. È stato Ambasciatore di Norvegia in Cina e suo rappresentante permanente presso le Nazioni Unite, nonché rappresentante norvegese presso l’Autorità Palestinese. È stato membro della squadra norvegese ai colloqui di Oslo tra Israele e l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina. Alle Nazioni Unite è stato coordinatore speciale per il Libano e rappresentante personale del Segretario Generale per il Libano meridionale.

L’anno scorso il Segretario Generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres lo ha nominato inviato speciale per la Siria.

In un’intervista esclusiva con Al-Monitor a margine degli incontri dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York Pedersen ha dichiarato: “La mia prima priorità sarebbe quella di costruire il rapporto con le due parti … e dopo 8 anni e mezzo di conflitto a volte è più facile dirlo che farlo”.

“Credo di essere stato in grado di costruire un buon rapporto a Damasco e con la SNC (Commissione Siriana per le Negoziazioni, nota anche come Commissione per le Alte Negoziazioni) cercando di sottolineare che un messaggio che Damasco ascolterà è lo stesso messaggio che la SNC ascolterà”, ha detto Pedersen. “Attraverso questo, mi auguro, come ho detto, edificherò una certa fiducia. Ma poi, naturalmente, ho anche capito fin dall’inizio che avrei avuto bisogno di sostegno per raggiungere questo obiettivo. Quindi avrei ovviamente bisogno del sostegno dei partner regionali e internazionali e del Consiglio di Sicurezza”, ha aggiunto.

A meno di un anno di lavoro e basandosi sul lavoro del suo predecessore Staffan de Mistura, Pedersen la scorsa settimana ha annunciato la formazione di un Comitato Costituzionale Siriano. Il Comitato è composto da 150 Siriani, prelevati in parti uguali dal governo, dalla società civile e dall’opposizione. Ottenere il consenso sull’elenco dalle parti e dai loro rispettivi promotori non è stato un compito facile. Il Comitato redigerà una nuova Costituzione prima delle elezioni. Questi passaggi sono indicati nella Risoluzione 2254 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU approvata nel 2015. Il calendario per la nuova Costituzione e le elezioni stabilito nella Risoluzione 2254 non merita nemmeno di essere menzionato, è molto indietro rispetto al programma. Ma l’istituzione del Comitato potrebbe rimetterlo in pista.

Pedersen è consapevole del fatto che il Comitato non sta solo iniziando i suoi lavori, ma che ci sono altre questioni da affrontare nel suo mandato, tra cui il rilascio di prigionieri rapiti e persone scomparse, che richiedono misure di rafforzamento della fiducia tra le parti e il sostegno non solo del governo siriano, ma dei suoi alleati Russia e Iran. Ecco perché afferma solitamente che la formazione del Comitato è un “apri-porta” – un inizio, non una fine.

Pedersen con il Ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov

“È importante – e penso che ci sia, in generale, un accordo su questo – che il processo politico non può, ovviamente, essere ridotto al Comitato Costituzionale stesso, nonostante quanto questo sia importante”, afferma Pedersen. “Quindi dovremo mettere in atto altre iniziative”, ha aggiunto.

“Sto dicendo che il lavoro del Comitato Costituzionale potrebbe richiedere un numero X di mesi e, durante quei mesi, non staremo seduti tranquilli in attesa”, ha detto. “Piuttosto, lavoreremo su altre questioni. Questo fa parte del mio mandato e credo che su questo abbia il sostegno del Consiglio di Sicurezza e di altri importanti attori con cui sto lavorando”.

Pedersen in visita a Homs il 19 marzo 2019 (account Twitter dell’inviato)

La situazione “sul campo” in Siria resta urgente. C’è ovviamente Idlib – sia la crisi umanitaria sia le decine di migliaia di jihādisti e terroristi che si sono rifugiati lì. La Risoluzione 2254 consente agli Stati membri di condurre una guerra contro lo Stato Islamico, al-Qāʿida e i suoi affiliati, che è ciò che la Siria e i suoi sostenitori Russia e Iran sostengono di fare. Inoltre, un instabile cessate il fuoco sembra attenersi a questo documento.

Su Idlib, Pedersen ha dichiarato: “Ho fatto appello, assieme al Segretario Generale, affinché la lotta contro i terroristi sia condotta in conformità con il diritto internazionale umanitario e in modo tale da non avere un impatto negativo sulla popolazione civile. E abbiamo sottolineato che 500 mila persone sono state sfollate – questo è un prezzo troppo grande da pagare”.

Per quanto riguarda i rifugiati siriani, ha affermato: “È impressione generale che il conflitto non sia terminato e che la stragrande maggioranza dei rifugiati abbia concluso che non sia il momento di tornare perché le condizioni per un ritorno sicuro, informato, dignitoso e volontario non sono soddisfatte”.

Pedersen ha affermato che “un cessate il fuoco a livello nazionale, la fine dei combattimenti a Idlib, una stabilizzazione della situazione nel nord-est e, come ho detto, il rilascio di un numero considerevole di detenuti e rapiti, maggiori informazioni sulle persone scomparse … potrebbero inviare un forte messaggio anche alle comunità di rifugiati, assieme ai progressi nel processo politico”.

Ha concluso: “Se vediamo che sono stati fatti questi passi e cambiamenti sul campo in Siria, sono convinto che anche la comunità internazionale risponderà e che potremmo creare quello che io chiamo un ciclo positivo, che poi anche, ovviamente, consentirebbe ai rifugiati di ritornare. Se verranno intrapresi quei passi significativi per migliorare le condizioni sul terreno, potrebbero esserci anche nuove attività in materia di ricostruzione e altro, oltre all’attuale attenzione che attualmente vediamo sull’assistenza umanitaria”.

Questo articolo e una trascrizione leggermente modificata dell’intervista completa [in Inglese] sono disponibili qui.

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