di Alexander Azadgan*
Libera traduzione da: Katheon.com, 03.03.2016
I risultati finali delle elezioni iraniane del 26 febbraio dimostrano che il Presidente relativamente moderato Ḥasan Ruhani (sue sostenitrici nella foto in alto) e i suoi alleati hanno conquistato la maggioranza nella potente Assemblea degli Esperti e sono ritornati vigorosamente in Parlamento come uno dei tre blocchi dominanti.
Le elezioni sono state le prime in Iran da quando le sanzioni internazionali sono state revocate a seguito dell’ accordo di principio sul nucleare di luglio 2015 e gli incrementi dei riformisti contro gli integralisti quasi certamente influenzeranno gli sforzi di Tehrān per reagire a decenni di isolamento politico ed economico.
La dimostrazione di forza da parte del campo riformista e moderato è giunta nonostante la forte revisione che i moderati sostengono abbia escluso molti dei loro candidati preferiti e che sembrava essere più marcata nella capitale Tehrān.
Il Presidente Ruhani e il controverso ex Presidente centrista Hāshemī Rafsanjānī hanno facilmente conquistato seggi nell’Assemblea degli Esperti, la Camera dei religiosi che sceglie e sorveglia la più potente carica dell’Iran, la Guida Suprema, che è stata esercitata dall’Āyatollāh ‘Alī Khāmene’i (nella foto sotto) nel corso degli ultimi 27 anni.
Nel complesso, secondo il Ministero dell’Interno, i candidati appoggiati dai riformisti rivendicano 52 degli 88 seggi dell’Assemblea degli Esperti, di cui 15 su 16 in corsa a Tehrān. In tal modo sono riusciti a scalzare diversi conservatori di spicco, tra cui l’Āyatollāh Moḥammad Yazdi, attuale capo dell’Assemblea, e l’Āyatollāh Mesbah-Yazdi.
Ma all’Assemblea sono stati rieletti molti eminenti conservatori, tra cui l’Āyatollāh Jannati, che era strettamente legato al suo seggio. L’Āyatollāh Jannati guida anche il Consiglio dei Guardiani, il custode costituzionale non eletto che ha interdetto centinaia di candidati riformisti dalle votazioni parlamentari e dell’Assemblea degli Esperti.
Dopo il voto, il capo della magistratura iraniana, il conservatore Āyatollāh Larijani, ha accusato i riformisti di lavorare con “i media americani ed inglesi” per impedire ai conservatori di essere rieletti all’Assemblea degli Esperti.
“È nell’interesse del regime questo tipo di coordinamento con gli stranieri, al fine di espellere questi personaggi dall’Assemblea degli Esperti?” ha chiesto Larijani in una dichiarazione del 29 febbraio, riferendosi alle sconfitte elettorali di Yazdi e di Mesbah-Yazdi.
Nel prossimo mandato di otto anni l’Assemblea potrebbe dover nominare il successore della Guida Suprema Āyatollāh ‘Alī Khāmene’i, fieramente anti-occidentale, che ha 76 anni ed è in carica dal 1989.
I riformisti avevano esortato gli elettori a votare per una coalizione di candidati a favore della riforma e relativamente moderati per impedire la rielezione di integralisti e religiosi conservatori.
Il 29 febbraio il Ministro dell’Interno iraniano Rahmani Fazli ha annunciato un ultimo dato aggregato di affluenza del 62 per cento sui circa 55 milioni di elettori iraniani registrati. Questo supera di gran lunga qualsiasi tasso di affluenza, per esempio, negli Stati Uniti.
Il conteggio dei voti parlamentari e dell’assegnazione dei seggi sta proseguendo. Ma nessuno dei tre principali schieramenti politici dell’Iran – i moderati e riformisti, gli indipendenti o i conservatori e oltranzisti – si aspetta di conquistare la maggioranza assoluta dei 290 seggi in Parlamento, il Majlis in Persiano.
Eppure, i risultati parziali indicano finora il miglior risultato dei riformisti e moderati da oltre un decennio.
Il Presidente Ruhani e i suoi alleati riformisti hanno conquistato tutti i 30 seggi contesi a Tehrān nel voto parlamentare.
Nel resto del Paese i risultati parlamentari sembrano essere divisi. I rapporti indicano che almeno 50 seggi non hanno un chiaro vincitore e potrebbero richiedere un voto di ballottaggio al secondo turno a maggio. [Nell’immagine in basso di GTVM92 – Own work – la mappa dei risultati per distretto, dove il colore blu indica quelli vinti dai riformisti, il colore giallo quelli vinti dai principalisti, il colore grigio scuro quelli vinti dagli indipendenti e il colore grigio chiaro quelli che andranno al secondo turno di ballottaggio N.d.T.]
Analisi
A differenza di quanto alcuni titoli della stampa occidentale hanno descritto, questa elezione non è stata una “vittoria” per i riformisti, dal momento che non hanno partecipato alle elezioni come riformisti in sé. Hanno partecipato alle elezioni in un’alleanza composta da riformisti, centristi (descritti come sostenitori del governo Ruhani) e perfino alcuni conservatori. Questa alleanza si è presentata esplicitamente al pubblico iraniano come “il secondo passo”, seguendo il “primo passo” verso la “moderazione” avanzato nell’elezione del Presidente Ḥasan Ruhani del 2013. Aveva anche chiesto esplicitamente all’elettorato di votare per le liste complete dei “Riformisti e Sostenitori del Governo” (RSG), chiamate anche la “Lista della Speranza”, come un modo per rimuovere dalle cariche elettive coloro che si erano pubblicamente opposti alla direzione che il Presidente Ruhani aveva dato al Paese dalla sua elezione.
Gli elettori hanno risposto, in particolare nella capitale Tehrān (…), che ha il maggior numero di seggi parlamentari (30). Hanno bocciato alcuni dei più espliciti avversari dell’accordo nucleare. Questo è stato possibile in quanto la maggior parte, non tutti, di questi parlamentari contro l’accordo era della città di Tehrān. Inoltre, è stato reso possibile perché i cittadini di Tehrān sembrano aver votato in numero maggiore rispetto alle ultime due elezioni. In quanto tali, le elezioni potrebbero essere meglio descritte come un referendum sulla direzione del Paese con il Presidente Ruhani e se la parte della popolazione che sostiene la nuova direzione possa registrare il suo peso in modo significativo, nonostante un processo elettorale altamente progettato.
Una divergente strategia di campagna elettorale
L’altra parte è anche riuscita a costruire una lista di candidati per l’intero Paese, basata su un’alleanza di varie fazioni diverse che si definiscono “principalisti”. Questa alleanza comprendeva membri del Partito della Coalizione Islamica, nonché una serie di altri gruppi conservatori che vanno dal centro-destra agli ultra-conservatori, come ad esempio il Fronte della Stabilità. La critica che gli organizzatori della lista hanno affrontato è stata che i conservatori hanno dominato la loro lista di Tehrān ed escluso alcuni ben noti deputati conservatori, i quali hanno finito per generare una propria lista concorrente (che non è andata bene, a meno che i nomi dei conservatori menzionati nella loro lista non siano apparsi anche sulla lista RSG). Hanno anche compromesso alcuni conservatori moderati, a causa della loro associazione con gli integralisti.
Ma il punto chiave è che i principalisti hanno anche lavorato prevalentemente attraverso un processo di alleanza. La loro prova deludente a Tehrān non deve distogliere dal fatto che la loro lista nazionale ha conquistato almeno il 25 per cento dei seggi al Parlamento (anche se all’interno di tale lista i conservatori non sono andati bene). Infatti, per chi fosse interessato alla politica iraniana, è giunto il momento di parlare meno di Iraniani indirizzati ottusamente in massa verso un’unica direzione o in un’altra e iniziare a prestare più attenzione alla molteplicità politica incorporata nella politica provinciale di un Paese socio-economicamente e culturalmente diversificato.
La lista RSG è andata molto bene a Tehrān e in alcune province come Yazd e niente affatto bene in alcune province come il Sud Khorāsān. A quanto pare, è andata bene in alcune grandi città di provincia come Eşfahān, pur non andando bene nel resto di quelle province e viceversa. A Mashhad, la capitale del Razavi Khorāsān, membri della lista principalista hanno razziato tutti e cinque i seggi (con il ritorno di almeno un integralista avversario dell’accordo nucleare). La gravosa revisione di candidati riformisti e la mancanza di alternative per gli elettori non possono costituire l’unica spiegazione per questa variazione nei risultati. Si devono prendere in considerazione una migliore organizzazione, le reti provinciali, diverse problematiche e via dicendo.
Nonostante questi risultati contrastanti, la polarizzazione delle elezioni tra le due principali alleanze ha chiarito la posta in gioco alle elezioni in termini di direzione politica del Paese. Allo stesso tempo, i risultati contrastanti riflettono meglio i diversi sentimenti in Iran. E questo è ciò che rende queste elezioni significative e interessanti. Nonostante la retorica animata, con una parte che accusa l’altra di essere lo strumento di forze esterne e l’altra che accusa la prima di essere estremista, il linguaggio inappropriato ha funzionato come strumento di persuasione nella conquista dei voti e non come uno strumento di eliminazione dell’avversario nella competizione. Perfino autorità non elette che hanno il potere di rimozione hanno solo messo in guardia circa infiltrazioni estere e hanno invitato gli elettori a non votare per coloro i cui ranghi siano stati infiltrati da parte del nemico o stessero seguendo i suoi dettami. Alcuni elettori si sono convinti; altri no.
Nel complesso, questa retorica animata e polarizzata si è verificata all’interno di un ambiente sano, tranquillo e collettivo, nel processo confermando le elezioni come un mezzo consolidato per coalizioni e alleanze perché competano una contro l’altra. Si tratta di un passo importante nella democrazia iraniana, in particolare dopo che le contestate elezioni del 2009 e le elezioni parlamentari pesantemente manipolate del 2012 avevano messo in discussione l’integrità del processo elettorale in Iran. A dire il vero, le elezioni del 2013 sono state il primo passo per ristabilire l’integrità delle elezioni entro la cornice della Repubblica Islamica. Ma era importante stabilire una tendenza e queste elezioni hanno perfettamente raggiunto questo obiettivo.
* Professore aggiunto di Gestione Strategica Globale ed Economia Politica Internazionale e scrittore / analista di relazioni internazionali, argomenti geo-socio-economici e strategici geopolitici, in particolare quelli relativi all’Asia occidentale, Nord Africa, Eurasia , Europa e le regioni del Nord America. Ha scritto più di 100 articoli accademici, commenti, e editoriali. Ha anche vinto numerosi premi di insegnamento, tra cui il prestigioso “Influential Educator Recognition Award” all’UCI (Università Irvine della California). È un americano di origine iraniana e opera a Laguna Beach, California, USA.
Questa traduzione rappresenta soltanto una parte dell’articolo originale in Inglese, che può essere letto interamente all’indirizzo http://katehon.com/article/iranian-parliamentary-assembly-experts-elections-and-their-consequences