Donald Trump vorrebbe ridurre la crescente influenza iraniana in Medio Oriente
di Simon Tisdall*
Libera traduzione da: The Guardian,
L’imposizione di nuove sanzioni USA contro l’Iran, solo due settimane dopo che l’Amministrazione Obama ha lasciato l’incarico, ha sollevato timori che Donald Trump si stia preparando per un nuovo confronto, bollando Tehrān come “difensore” del terrore globale.
L’Iran ha irosamente archiviato Trump come inesperto e pericoloso. Le Guardie Rivoluzionarie iraniane [Sepāh-e Pāsdārān-e Enqelāb-e Eslāmi, Esercito dei Guardiani della Rivoluzione Islamica, organo delle Forze Armate, N.d.T.] hanno detto che oggi unità militari avrebbero condotto esercitazioni missilistiche per dimostrare la loro “completa preparazione ad affrontare le minacce [e] le umilianti sanzioni”.
Ma potrebbe rivelarsi sbagliata la convinzione che Trump stia progettando azioni unilaterali per accantonare o bypassare lo storico accordo nucleare con l’Iran, accettato nel 2015 dagli Stati Uniti, gli altri quattro membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle delle Nazioni Unite e l’Unione Europea.
Una prospettiva più probabile è l’intensificazione delle iniziative americane per caratterizzare l’Iran sciita come comando mondiale e soprattutto promotore del terrore e ridurre la sua influenza in espansione in tutta la regione medio-orientale. Il “fronte” comprende Iraq, Siria, Afghanistan, Bahrein, Libano e Yemen, dove Tehrān sta combattendo una guerra per procura contro l’Arabia Saudita, sua principale rivale sunnita .
L’ostilità di Trump per l’Iran non è diminuita da quando l’ha preso di mira durante la campagna presidenziale. I cittadini iraniani sono stati inclusi nel famigerato divieto d’ingresso da sette Paesi a maggioranza musulmana ordinato dal Presidente degli Stati Uniti. La settimana scorsa Michael Flynn [nella foto sotto, N.d.T.], Consigliere per la Sicurezza Nazionale di Trump, ha furiosamente condannato un test “illegale” di missili balistici iraniani. Flynn ha detto che gli Stati Uniti stavano mettendo “sull’avviso” l’Iran che la sua condotta era inaccettabile. “I giorni in cui si chiudeva un occhio sulle azioni ostili e bellicose dell’Iran nei confronti degli Stati Uniti e della comunità mondiale sono finiti”, ha detto.
Le nuove sanzioni annunciate ieri sono in gran parte simboliche. La Casa Bianca dice che sono solo l’inizio e che ha varato una revisione strategica della politica verso l’Iran. Ma la nuova Amministrazione sa che un tentativo di rovesciare l’accordo nucleare sarebbe fortemente contrastato da altri suoi firmatari. Gli analisti indicano, invece, che gli Stati Uniti tenteranno di rafforzare l’accordo, introducendo ispezioni più severe ed estendendo le sue restrizioni.
Intanto, va evolvendosi un nuovo approccio strategico. Un’indicazione del suo probabile punto focale era contenuta nelle osservazioni fatte da James Mattis, il Segretario alla Difesa USA, nel corso di una visita a Tokyo. Ha chiamato l’Iran “l’unico grande Stato sponsor del terrorismo nel mondo” – un dato di fatto, ha detto, che non può essere ignorato o respinto. Nella sua informativa della scorsa settimana Flynn si è esplicitamente concentrato sul sostegno dell’Iran ai “terroristi” sciiti Ḥūthi in Yemen, sostenendo che l’Iran fosse dietro i recenti attacchi contro navi da guerra saudite e statunitensi.
Tutto questo calza con il culmine delle priorità di politica estera indicate da Trump: combattere il terrorismo. Il costante sostegno iraniano al Presidente siriano Baššar al-Asad, compreso l’impiego di unità militari a guida iraniana e di combattenti del suo alleato Ḥizb Allāh in Libano, ha guadagnato un’influenza senza precedenti. I suoi progressi hanno aperto la possibilità di un arco d’influenza iraniana che si estende dall’Afghanistan occidentale al Mediterraneo orientale.
Gli Stati Uniti classificano Ḥizb Allāh come organizzazione terroristica. Gli alleati degli Stati Uniti nel Golfo, in particolare l’Arabia Saudita, sono nervosi. I governanti sunniti del Bahrein, che guidano la maggioranza sciita della popolazione, sono particolarmente agitati per una presunta segreta destabilizzazione. Trump ha parlato a Re Salmān, il Monarca saudita, la scorsa settimana.
Trump dovrà anche incontrare Binyamin Netanyahu il 15 febbraio. L’aggressivo Primo Ministro israeliano ha da tempo messo in guardia contro la minaccia esistenziale posta dall’Iran. Israele ha lamentato più volte il sostegno iraniano a Ḥamās e ad altri gruppi designati come terroristici e il suo presunto contrabbando di armi verso Libano e Siria. Ci si può aspettare che Netanyahu appoggi con entusiasmo una linea più dura di Trump.
Della partita è anche il Primo Ministro britannico Theresa May. In un recente discorso ha fatto riferimento alla “maligna influenza” esercitata dall’Iran. Come Trump, May ha insolitamente offerto forte sostegno a Israele. Ma, a questo punto, fuori gioco stanno andando i Paesi UE, che semplicemente non si fidano del leader degli Stati Uniti.
Quale forma prenderà la trazione anti-iraniana anticipata da Trump? Potrebbe coinvolgere ulteriori radicali sanzioni finanziarie e bancarie, maggiori vendite di armi e palese sostegno militare agli alleati regionali, un’accentuata presenza navale USA nel Golfo o altre operazioni segrete delle forze speciali, come quella, disastrosa, della scorsa settimana in Yemen [http://edition.cnn.com/2017/02/01/politics/us-raid-yemen/, N.d.T.]. Trump potrebbe anche cercare di rendere permanente il divieto d’ingresso per gli Iraniani.
L’escalation delle tensioni giunge in un momento delicato per l’Iran. Le elezioni presidenziali dovranno tenersi questa primavera. L’ostilità americana potrebbe rafforzare i nazionalisti conservatori intransigenti. I timori regionali potrebbero così diventare realtà.
C’è ancora una carta vincente che Trump può giocare. Se riuscirà nel suo controverso obiettivo di migliorare i rapporti con Vladimir Putin, Trump potrebbe indurre la Russia a limitare la vendita di missili, l’assistenza nucleare e la collaborazione diplomatica con Tehrān. Data la sua amara storia di invasioni da parte delle grandi potenze, l’Iran ha buone ragioni per temere l’accerchiamento. Un ipotetico patto USA-Russia preannuncerebbe esattamente questo.
* Vice Caporedattore e editorialista per gli affari esteri del Guardian. In precedenza è stato anche Caporedattore del giornale negli USA, con sede a Washington, D.C., e Caporedattore esteri di Observer dal 1996 al 1998.