Repubblica Centrafricana – Vince il ‘sì’ alla riforma costituzionale, secondo i risultati preliminari; nel Nord nasce la Repubblica di Logone

Elaborazione da fonti: France 24, 2015-12-18; Hippolyte Marboua, in AP, Dec. 15, 2015 1:49 PM EST

I cittadini della Repubblica Centrafricana hanno votato domenica in un referendum costituzionale inteso a porre fine ad anni di conflitti settari. Se approvato, la nuova Costituzione creerà un Senato.

I risultati parziali di giovedì, anche se l’affluenza è stata bassa (il 30 per cento), hanno mostrato che quasi il 90 per cento degli elettori a Bangui, la capitale della Repubblica Centrafricana, ha votato per le modifiche alla Costituzione. «Il ‘Sì’ ha vinto con 77.979 voti e il ‘No’ ha ricevuto 8.984 voti – il 90 per cento per il ‘Sì’ e il 10 per cento per il ‘No’» ha detto Julius Ngouade-baba dell’Autorità Nazionale Elettorale (ANE).

Le schede elettorali provenienti da altre aree del Paese non sono state ancora tutte scrutinate, ha aggiunto.

Martedì un leader dei ribelli musulmani ha proclamato uno Stato autonomo nel Nord della Repubblica Centrafricana, pochi giorni dopo aver minacciato violenze contro chi avesse votato al referendum costituzionale. La dichiarazione, che denomina il nuovo territorio “Repubblica di Logone”, è stata firmata lunedì. Il nuovo territorio comprende la città settentrionale di Kaba-Bangoro, roccaforte della milizia musulmana.

La dichiarazione del leader Noureddine Adam (nella foto sopra), ex Ministro della Sicurezza Pubblica della nazione e già Ministro della Difesa Nazionale dello Stato separatista di Dar al-Kuti (il Paese della foresta), giunge solo due settimane dopo che Papa Francesco aveva visitato la travagliata nazione di 4,8 milioni di abitanti e aveva chiesto la riconciliazione fra le milizie musulmane e cristiane rivali, che sono in guerra da quando i Musulmani del movimento Séléka rovesciarono il Presidente nel 2013.

Il Comandante Maouloud Moussa ha detto a nome di Adam: “Crediamo che sia giunto il momento di dividere la Repubblica Centrafricana perché le due comunità trovino la pace”, aggiungendo che i ribelli non vedono alternative. “I Cristiani nel territorio settentrionale possono rimanere, perché siamo già una famiglia. Altri Musulmani di ogniddove che vogliano raggiungerci sono i benvenuti”.

La dichiarazione è stato immediatamente censurata dal governo di transizione del Paese, che ha chiesto l’aiuto delle forze di sicurezza interna, della comunità internazionale e delle forze internazionali nella Repubblica Centrafricana. Anche la missione ONU ha denunciato la dichiarazione. La britannica Diane Corner, Vice Capo della missione ONU nella Repubblica Centrafricana, ha detto in un tweet che martedì mattina le truppe ONU hanno abbattuto la bandiera di Logone nella città nord-orientale di N’Délé, sostituendola con una bandiera nazionale.

Il rovesciamento nel 2013 del Presidente François Bozizé (nella foto sotto), cristiano e massone, ha inaugurato un periodo brutale, in cui i ribelli musulmani hanno commesso atrocità. Ma, quando il capo dei ribelli ha lasciato il potere nel 2014, è seguita una rapida e orribile reazione contro civili musulmani da parte delle milizie cristiane Anti-Balaka. La violenza settaria continua da allora.

La votazione di domenica scorsa è stata funestata dalla violenza scatenata da fazioni armate che si opponevano al referendum. Domenica cinque persone sono state uccise e venti ferite in un attentato nel quartiere a maggioranza musulmana PK-5 di Bangui. Dopo le violenze anche in altre parti del Paese, una seconda giornata di votazione si è svolta lunedì. Mercoledì centinaia di persone si sono dirette verso la sede della missione ONU per il mantenimento della pace per chiedere l’espulsione dei “nemici della pace” dal quartiere PK-5.

La violenza di domenica ha fermato il voto in diverse roccaforti delle milizie, così come a Bossangoa, città fedele all’ex Presidente François Bozizé. La missione di pace ONU ha rafforzato la sicurezza per il prolungamento della votazione e martedì le persone di Kaba-Bangoro hanno potuto consegnare le schede elettorali senza violenza.

Il referendum era anche visto come un test che verificasse se un’elezione nazionale tanto differita possa effettuarsi il 27 dicembre, così come previsto.

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