Elaborazione da fonte: BBC, 11 October 2014, 13:45 GMT
Cinque gruppi d’opposizione, tra cui il movimento islamista sciita Jam’īyat al-Wifāq al-Waṭanī al-Islāmīyya, hanno dichiarato in un comunicato che il voto previsto per il 22 novembre prossimo è un tentativo di instaurare “un potere assoluto in Bahrein”. La nota giunge il giorno successivo all’affermazione di un ministro che tutte le parti dovrebbero partecipare al processo democratico.
I Musulmani Sunniti sono una minoranza nel Paese, ma da oltre 200 anni governano sulla maggioranza sciita attraverso la Dinastia al-Khalīfa.
Le elezioni saranno le prime dopo la sanguinosa rivolta che nel 2011 ha scosso il Regno. A decine sono morti quando il governo aveva deciso di reprimere le proteste. I manifestanti chiedevano maggiori diritti e la fine delle discriminazioni da parte della famiglia reale sunnita contro la comunità sciita di maggioranza (nella foto una manifestazione ad al-Musalla di luglio 2011). Da allora i colloqui intesi a risolvere le tensioni sono falliti e le proteste sono continuate. Migliaia di persone sono state arrestate.
Il piccolo Stato insulare è un alleato-chiave degli Stati Uniti nel Golfo e ospita la sua 5a Flotta. Il Bahrein è anche strettamente alleato con l’Arabia Saudita, che nel 2011 ha inviato truppe nel Paese per aiutare il governo a sedare la rivolta.
Sabato i gruppi di opposizione hanno annunciato che si sarebbero rifiutati di prendere parte alle elezioni “farsa” indette dal governo, sostenendo che sarebbero scorrette.
Venerdì il Ministro dell’Informazione Samira bint Ibrāhīm Rajab aveva dichiarato che la partecipazione alle elezioni è un “libero dovere nazionale” e aveva condannato i programmi dei gruppi di opposizione per il boicottaggio. “Tendono ad alzare la bandiera del boicottaggio nel tentativo di aprire la porta all’ingerenza straniera nei nostri affari interni” ha detto, citata dal Bahrain News Agency (BNA).
La scorsa settimana Nabil Aḥmed ʿAbdulrasūl Rajab, un importante attivista per i diritti umani del Bahrein, era stato arrestato e accusato per commenti su Twitter ritenuti “denigratori” verso le istituzioni governative.