Libera traduzione da: World Review, 30 Sep 2015
L’Arabia Saudita ha bisogno di fare profondi cambiamenti di politica interna ed estera e le misure annunciate lo scorso aprile da Re Salmān segnano i primi passi in questa direzione, scrive l’esperto di World Review Prof. Dr. Udo Steinbach*.
La recente nomina di due Principi ereditari [Muḥammad bin Nāyif (nella foto in basso), 56 anni, primo successore al trono, e Muḥammad bin Salmān (nella foto in alto), 30 anni, secondo nella linea di successione, N.d.T.] segna un cambiamento generazionale; e la creazione di due Consigli Reali per la politica estera ed economica punta alla professionalità e alla trasparenza nel governo. L’influenza del clero wahhābita è stata ulteriormente ridotta.
Il crollo del prezzo del petrolio comporta il rischio di ritardare le misure necessarie a diversificare l’economia. Tuttavia, la leadership saudita non è disposta a limitare la produzione, perché teme che la sua quota di mercato potrebbe risentirne e vuole che i suoi concorrenti avvertano il disagio dei prezzi bassi. Di conseguenza, il Paese ha smesso di interpretare il ruolo di produttore fluttuante, riducendo la sua influenza politica regionale e internazionale.
Il Paese non ha ancora una posizione chiara di politica estera. Il supporto ai gruppi islamisti in Siria, l’appoggio al golpe militare contro la Fratellanza Musulmana in Egitto e l’intervento militare in Yemen contro i ribelli Ḥūthi hanno reso il Regno parte del problema, più che della soluzione.
Per decenni l’Arabia Saudita ha modellato la propria politica estera alla luce fioca delle reti conservatrici wahhābite, protette dagli Stati Uniti; la diplomazia orientata verso la riconciliazione di interessi resta un concetto estraneo a Riyāḍ. Questo è particolarmente vero per le relazioni con l’Iran, che sono in gran parte dominate dalla divisione settaria tra Sunniti e Sciiti.
La prospettiva della successione di leader più giovani all’attuale generazione di Monarchi, figli ottuagenari del fondatore dello Stato, fa sperare che le necessarie riforme saranno perseguite con determinazione. La stagnazione e l’insistenza sullo status quo politico aumenterebbe la pressione politica estera sul Regno e minaccerebbe la sua stabilità.
I radicali cambiamenti constatati in Medio Oriente dal 2011 hanno prodotto un impatto duraturo sull’Arabia Saudita. La leadership affronta la sfida di ridefinire le politiche del Paese; la stabilità dello Stato e l’efficacia della propria politica estera dipenderanno da quanto velocemente tali modifiche saranno fatte e da quanto saranno durevoli.
L’attenzione si concentra su tre ambiti. Sul fronte interno, le strutture e le istituzioni del processo politico decisionale devono essere rese trasparenti e la società ha bisogno di essere più coinvolta nei processi politici. In secondo luogo, la politica estera saudita deve rispecchiare la fine della politica americana di copertura del Regno: il Paese deve ora agire per proprio conto. Infine, nell’economia il governo deve intensificare gli sforzi per diversificare la produzione industriale e ridurre la dipendenza dal settore delle materie prime. Particolare attenzione deve essere prestata all’integrazione nel mercato del lavoro di una popolazione giovane e in rapida crescita.
Da quando il Regno Saudita è stato fondato nel 1932 da ‘Abd al-’Azīz as-Sa‘ūd, il Paese si è gradualmente trasformato da comunità beduina tribale fortemente religiosa in uno Stato con istituzioni funzionali. Ibn Sa‘ūd ha istituito un Consiglio dei Ministri solo poco prima della sua morte nel 1953. Il dominio della Casa Sa‘ūd è rimasto assoluto.
L’opposizione più forte allo sviluppo di istituzioni statali moderne è venuto da membri del clero wahhābita, che segue un’interpretazione dell’Islam estremamente conservatrice e risalente al teologo del 18° secolo Muḥammad ibn ‘Abd al-Wahhāb. Dalla fondazione del 1° Stato Saudita nel 18° secolo il clero e la famiglia Sa‘ūd hanno insieme costituito l’istituzione dominante.
I successori di Ibn Sa‘ūd sono riusciti solo gradualmente a diminuire l’influenza del clero e modernizzare l’amministrazione dello Stato; i Wahhābiti rimangono potenti soprattutto nei settori dell’istruzione e della legge. Il ruolo delle donne nella società saudita è definito da restrizioni islamiche conservatrici. Una delle importanti riforme di Re ‘Abd Allāh (2005-2015), morto a gennaio, è stata la concessione di 30 seggi per le donne sui 150 membri dell’Assemblea Consultiva.
* Professor Dr Udo Steinbach is a Middle East specialist who teaches at the Centre of Near and Middle East Studies at Philipps University in Marburg, Germany. He was Director of the German Institute for Middle East Studies, a research institute dealing with the contemporary Middle East, North Africa and Central Asia from 1976 to January 2007, before becoming Director of GIGA Institute of Middle East Studies (IMES) from February to December, 2007.
Professor Dr Steinbach , 68, was awarded a Phd in Arabic and Islamic Studies in Freiburg and Basel and has written numerous books and publications on political and social developments in the Middle East. He is a counsellor and expert for various public and private institutions. His main areas of research are political and social change in the Arab countries and Turkey, Iran, Afghanistan and Pakistan; the manifestations of political Islam and the Middle East in the international system.