Perché l’Iran ricerca un impegno costruttivo

di Ḥasan Ruhani, Presidente della Repubblica Islamica dell’Iran

Friday, September 20, 12:05 AM

Libera traduzione da: The Washington Post

Tre mesi fa la mia piattaforma di “prudenza e speranza” ha ottenuto un ampio mandato popolare. Gli Iraniani hanno abbracciato il mio approccio agli affari nazionali e internazionali, perché lo hanno avvertito come atteso da tempo. Mi sono impegnato a realizzare le promesse al mio popolo, compresa quella di un’interazione costruttiva con il mondo.

Il mondo è cambiato. La politica internazionale non è più un gioco a somma zero, ma un’arena multi-dimensionale in cui la cooperazione e la competizione si presentano spesso contemporaneamente. È finito il tempo delle faide sanguinarie. I leader mondiali sono chiamati a trasformare le minacce in opportunità.

La comunità internazionale deve affrontare molte sfide in questo mondo nuovo – terrorismo, estremismo, interferenza militare straniera, traffico di droga, criminalità informatica e invasione culturale – tutte nell’ambito di un quadro che ha enfatizzato il potere coercitivo e l’uso della forza bruta.

Dobbiamo prestare attenzione alla complessità dei temi in discussione per risolverli. Prendete la mia definizione di impegno costruttivo. In un mondo in cui la politica globale non è più un gioco a somma zero, è – o dovrebbe essere – un controsenso perseguire gli interessi soltanto di uno senza considerare gli interessi degli altri. Un approccio costruttivo alla diplomazia non significa rinunciare ai propri diritti. Significa impegnarsi con le proprie controparti, in base a condizioni di parità e rispetto reciproco, per affrontare i problemi comuni e raggiungere obiettivi condivisi. In altre parole, risultati vantaggiosi per tutti non sono solo favorevoli, ma anche realizzabili. Una somma zero, una mentalità da guerra fredda porta alla perdita di tutti.

Purtroppo, l’unilateralismo spesso continua a oscurare gli approcci costruttivi. La sicurezza viene perseguita a scapito dell’insicurezza degli altri, con conseguenze disastrose. Dopo oltre un decennio e due guerre seguite all’11/9, al-Qāʿida e altri militanti estremisti continuano a seminare distruzione. La Siria, un gioiello della civiltà, è diventata la scena di violenze strazianti, compresi gli attacchi con armi chimiche, che condanniamo con forza. In Iraq, 10 anni dopo l’invasione guidata dagli Americani, ogni giorno a dozzine perdono ancora la loro vita per la violenza. L’Afghanistan sopporta analogo, endemico spargimento di sangue.

L’approccio unilaterale, che esalta la forza bruta e genera la violenza, è chiaramente incapace di risolvere i problemi che tutti dobbiamo affrontare, come il terrorismo e l’estremismo. Lo dico a tutti, perché nessuno è immune dalla violenza alimentata dagli estremisti, anche se magari scatenata a migliaia di chilometri di distanza. Gli Americani hanno scoperto questa realtà 12 anni fa.

Il mio approccio alla politica estera cerca di risolvere questi problemi, affrontandone le cause. Dobbiamo lavorare insieme per porre fine alle malsane rivalità e interferenze che alimentano la violenza e stanno prendendo il sopravvento. Dobbiamo anche prestare attenzione alla questione dell’identità come un fattore-chiave della tensione nel Medio Oriente e oltre.

Nella loro intima essenza le feroci battaglie in Iraq, Afghanistan e Siria sono oltre la natura identitaria di questi Paesi e i loro conseguenti ruoli nella nostra regione e nel mondo. La centralità dell’identità si estende al caso del nostro programma pacifico sull’energia nucleare. Per noi la gestione del ciclo del combustibile nucleare e la produzione di energia nucleare riguarda tanto la diversificazione delle nostre risorse energetiche quanto la domanda su chi gli Iraniani siano come Nazione, la nostra esigenza di dignità e rispetto e il nostro conseguente posto nel mondo. Senza comprendere il ruolo dell’identità, molti problemi che tutti dobbiamo affrontare rimarranno irrisolti.

Sono impegnato ad affrontare le nostre sfide comuni attraverso un duplice approccio.

In primo luogo, dobbiamo unire gli sforzi per lavorare in modo costruttivo verso il dialogo nazionale, che sia in Siria o in Bahrein. Dobbiamo creare un’atmosfera in cui i popoli della regione possano decidere i propri destini. Come parte di questo, vi annuncio la disponibilità del mio governo per contribuire a facilitare il dialogo tra il governo siriano e l’opposizione.

In secondo luogo, dobbiamo affrontare le più ampie ingiustizie globali e le rivalità che alimentano la violenza e le tensioni. Un aspetto fondamentale del mio impegno per l’interazione costruttiva comporta uno sforzo sincero per coinvolgere i Paesi vicini e le altre nazioni per identificare e garantire soluzioni vantaggiose per tutti.

Noi e le nostre controparti internazionali abbiamo impiegato un sacco di tempo – forse troppo tempo – a discutere di ciò che non vogliamo, piuttosto che quello che vogliamo. Questo vale non solo per le relazioni internazionali dell’Iran. In un clima in cui gran parte della politica estera è una funzione diretta della politica interna, concentrarsi su ciò che non si vuole è una semplice via d’uscita da enigmi difficili per molti leader mondiali. Esprimere ciò che vogliamo richiede più coraggio.

Dopo 10 anni di reciproca altalena, è chiaro quello che tutte le parti non vogliono in relazione al nostro dossier nucleare. La stessa dinamica è evidente negli approcci concorrenti in Siria.

Questo approccio può essere utile per gli sforzi volti a prevenire che i conflitti “freddi” si trasformino in “caldi”. Ma, per superare l’impasse, sia in relazione alla Siria, al programma nucleare del mio Paese o alle sue relazioni con gli Stati Uniti, abbiamo bisogno di puntare più in alto. Piuttosto che concentrarsi su come evitare che le cose peggiorino, abbiamo bisogno di pensare – e parlare – su come migliorare le cose. Per fare questo, abbiamo tutti bisogno di trovare il coraggio di iniziare ad esprimere quello che vogliamo – in modo chiaro, conciso e sincero – e confermarlo con la volontà politica di prendere le misure necessarie. Questa è l’essenza del mio approccio all’interazione costruttiva.

Mentre parto per New York per l’apertura dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, esorto i miei colleghi a cogliere l’opportunità offerta dalle recenti elezioni in Iran. Li esorto a sfruttare al meglio il mandato per l’impegno prudenziale che il mio popolo mi ha dato e per rispondere sinceramente agli sforzi del mio governo ad impegnarsi in un dialogo costruttivo. Ma, soprattutto, li esorto a guardare oltre gli alberi e avere il coraggio di dirmi che cosa vedono – se non per i loro interessi nazionali, almeno per il bene dei loro eredi, dei nostri figli e delle generazioni future.

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