di Ejaz Hussain
Libera traduzione da: The Express Tribune, December 10th, 2016
I rapporti USA-Pakistan sono stati sistemati nell’ontologia delle relazioni internazionali della guerra fredda, caratterizzata dal fatto che per i Paesi in via di sviluppo le scelte erano limitate, sia che fossero schierati con il blocco guidato dall’URSS o dagli USA. Il Pakistan ha scelto di allearsi con gli Stati Uniti a causa di molteplici motivi, inclusi la propensione dell’élite verso l’Occidente e l’odio ideologico verso il comunismo. In un Pakistan guidato dalla burocrazia civile-militare negli anni ’50, il discorso di politica estera è stato determinato dalla prima propensione. Durante questo periodo la preoccupazione minore era quella di tendere la mano all’URSS e alla Cina, a causa delle relazioni cordiali di quest’ultima con Dehlī. Non c’è da stupirsi se il Pakistan ha ottenuto aiuti militari e armi dagli Stati Uniti perché il suo esercito effettuasse sortite contro l’India. Questo approccio è andato avanti fino alla guerra del 1965, non approvata dagli Stati Uniti in quanto considerata un’anomalia rispetto alla SEATO [Southeast Asia Treaty Organization, poi disciolta nel 1977, N.d.T.]. Reagendo, la leadership pakistana valutò altre opzioni inclusa la Cina, che trovava un mercato per vendere il suo hardware militare a basso contenuto tecnologico. Interessante notare che anche l’URSS è stata avvicinata dal regime di Ayub [il Feldmaresciallo Muḥammad Ayyūb Khān, 2° Presidente del Pakistan dal 1958 al 1969, N.d.T.] e ha iniziato a investire, ad esempio, nelle Acciaierie statali del Pakistan. Questo rapporto embrionale è stato un fallimento, perché il Pakistan di Yahya Khan [Āgā Muḥammad Yaḥyā Khān, 3° Presidente del Pakistan dal 1969 al 1971, N.d.T.] è stato visto giocare un ruolo mandatario tra l’amministrazione Mao e Nixon.
Paradossalmente, tuttavia, mentre gli Stati Uniti e la Cina riuscivano a capirsi bene attraverso gli sforzi del Pakistan, non era possibile consolidare la fiducia tra Pakistan e USA nel contesto della guerra tra India e Pakistan del 1971. Le autorità pakistane ancora una volta accusarono Washington di tradirle, mentre quest’ultima affermava di aver contribuito a salvare il Pakistan Occidentale, fermando l’India guidata da Indira [l’allora Primo Ministro Indirā Gāndhī, N.d.T.] nel proposito di attaccarlo. Indipendentemente da ciò, nel periodo successivo alla divisione, Zulfikar Ali Bhutto [4° Presidente del Pakistan dal 1971 al 1973, N.d.T.], il civile CMLA [Amministratore della Legge Marziale, N.d.T.], condusse il Pakistan, con il consenso del suo esercito, verso la Cina. Non c’è da stupirsi se il Pakistan ha scelto di uscire dalle alleanze guidate dagli Stati Uniti, come SEATO e CENTO [Central Treaty Organisation, disciolta nel 1979, N.d.T.]. Interessante notare che, con un Bhutto comunque laico, il Paese è stato visto rammendare su basi islamiche i legami tra i Paesi musulmani. Tutto ciò mentre Bhutto diventava nazionalista e calmava l’esercito con la costruzione di una bomba nucleare. Il programma nucleare del Pakistan è stato indubbiamente centrato sull’India. Per l’India, che secondo le autorità pakistane e i loro abitanti aveva causato la disintegrazione del Pakistan, era reazionario nel carattere e primordiale nella natura. Dal momento che l’India prevaleva sul Pakistan anche in quanto ad armi convenzionali, la capacità nucleare era pensata per la difesa permanente. Quando gli Stati Uniti ottennero indicazioni sulla fabbricazione della bomba, le sue istituzioni della difesa reagirono con forza. Infatti, Kissinger cercò di convincere Bhutto a invertire tale tendenza, ma invano. Questo spiega il basso livello delle relazioni bilaterali durante gli anni di Bhutto.
Tuttavia, a causa di mutate dinamiche geopolitiche, gli Stati Uniti di Reagan misero da parte l’argomento nucleare e concessero aiuti militari ed economici e assistenza al Pakistan per il sostegno offerto contro l’URSS in Afghanistan. Andò tutto bene fino al 1987-88, quando l’URSS e gli Stati Uniti concordarono i termini di disimpegno dall’Afghanistan. In questa fase finale della guerra fredda la leadership politica e militare in Pakistan contestò il piano di (non) uscita. Dopo aver visto il governo Junejo [Muḥammad Khān Junejo, Primo Ministro del Pakistan dal 1985 al 1988, N.d.T.] come filoamericano, Zia-ul-Haq [Muḥammad Ḍiyāʾ ul-Ḥaqq, Presidente del Pakistan dal 1978 al 1988, N.d.T.] lo destituì nel maggio 1988. Zia non visse a lungo e morì in un incidente aereo quello stesso anno. Nello schianto morì anche l’Ambasciatore degli Stati Uniti a Islāmābād.
Anche se questo evento non avrebbe rotto le relazioni USA-Pakistan, tuttavia il 1990 vide l’applicazione dell’emendamento Pressler [il mormone Larry Lee Pressler, Senatore del Sud Dakota, N.d.T.], che richiedeva il monitoraggio annuale dei piani per lo sviluppo di testate nucleari pakistane. Fu durante quest’anno che Washington cominciò a vedere l’India come Paese con un enorme potenziale economico. Prima che Stati Uniti e Pakistan finissero agli antipodi dopo il test nucleare del 1998, il vicino Afghanistan diede l’opportunità ad entrambi i Paesi di legarsi l’un l’altro, combattendo insieme la guerra contro il terrorismo. La questione della capacità nucleare pakistana rimase nel cassetto e il Pakistan di Musharraf [il Generale Pervez Musharraf, Presidente del Pakistan dal 2001 al 2008, nella foto sopra con il Presidente Bush, N.d.T.] ricevette massicci aiuti militari e assistenza economica. Il Pakistan coadiuvò gli Stati Uniti nell’eliminare alcuni dei militanti più accaniti. Tuttavia, Washington sotto l’Amministrazione Obama ha chiesto di più. Quest’anno ha visto la riduzione dei fondi ISAF [in effetti, ci si riferisce alla Resolute Support Mission, che dal 2015 ha sostituito l’International Security Assistance Force, N.d.T.] e la mancata vendita degli F16 al Pakistan.
I rapporti USA-Pakistan si trovano oggi ad uno snodo critico, in cui la multipolarità ha guadagnato terreno. L’altro giorno l’autore ha partecipato ad un seminario all’Università della California di Berkley, che rifletteva sulla sicurezza degli Stati Uniti nell’era Trump. I partecipanti, tra cui alcuni ufficiali militari, hanno concluso che gli Stati Uniti non dovrebbero scatenare altre guerre e dovrebbero disimpegnarsi dai conflitti in corso. Tuttavia, ove necessario, gli USA dovrebbero applicare una “supremazia selettiva” – questo con riferimento allo Stato Islamico e ad ogni futuro attacco tipo quello dell’11 settembre sugli Stati Uniti. In tal caso, dovrebbe essere adottata “un’azione unilaterale”. È importante sottolineare che gli studiosi americani di politica estera hanno sostenuto “la leadership collaborativa”, che è il cuore del neoliberalismo. Per quanto riguarda il Pakistan, il panel ha esortato l’Amministrazione Trump a coinvolgere “attentamente” questo Paese per non distruggere i rapporti. In questo risiede l’opportunità per il Pakistan di conciliare le sue relazioni con gli Stati Uniti in modo duraturo, rivisitando il proprio approccio alle preoccupazioni degli Stati Uniti in Pakistan e attorno al Pakistan. Quest’ultimo dovrebbe rendersi conto che il mondo sta procedendo in termini più geo-economici che geo-politici e che la cooperazione è preferibile rispetto al conflitto. I legami commerciali Cina-USA e India-Cina ne sono un esempio. In poche parole, Stati Uniti e Pakistan si conoscono da tempo e non dovrebbe essere così semplice rompere.