NATO – L’irresponsabilità e inadeguatezza del cinico Stoltenberg

L’Occidente si divide sull’impegno in Ucraina. L’Italia sulla via di Canossa? Governo tra revisioni e correzioni sul tema NATO

di Glauco D’Agostino

“Dobbiamo ricordare che l’Ucraina ha il diritto all’autodifesa, sta difendendo la propria terra, il proprio territorio. E, secondo il diritto internazionale, il diritto all’autodifesa include il diritto di colpire obiettivi militari legittimi al di fuori dell’Ucraina … E’ giunto il tempo per i Paesi membri della NATO di considerare se debbano revocare alcune delle restrizioni all’uso delle armi che hanno donato all’Ucraina”. Così aveva detto Stoltenberg il 24 maggio scorso, riecheggiando la posizione britannica sull’opportunità che l’Ucraina utilizzi armi occidentali per colpire il territorio russo.

Il burocrate nord-atlantico norvegese, ormai alla fine del suo mandato (lascerà il prossimo 1° ottobre dopo dieci anni di scarsa utilità), preparava con questo “suggerimento” la fiammata di entusiasmo bellico dell’ Assemblea Parlamentare della NATO, tenutasi a Sofia tre giorni dopo. Esattamente come quando i propagandisti e provocatori di professione preparavano le piazze delle “rivoluzioni colorate” dei decenni scorsi. A larga maggioranza, i componenti del superfluo organismo consultivo hanno insensatamente approvato una dichiarazione prescritta da Stoltenberg, che coinvolge i 32 Paesi rappresentati in una guerra fuori dai confini della NATO. Queste irresponsabili prese di posizione hanno abilitato la risposta del Cremlino che, per bocca del suo portavoce Dmitrij Peskov, ha detto che “la NATO è in conflitto diretto con la Russia per il conflitto in Ucraina”.

“Dubito che il Segretario Generale possa assumersi tale responsabilità e parlare a nome dei membri del blocco che comprende i Paesi membri. Penso sia andato oltre le sue competenze”. È il Ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov che soccorre l’incredulità degli inebetiti esponenti dei Paesi membri di fronte all’incitamento alla guerra da parte dell’arrogante di turno, il quale non è la prima volta che veste i panni del finto lunatico. Stati Uniti, Germania e altri membri dell’alleanza avevano vietato a Kiev di usare le armi ricevute per colpire obiettivi all’interno della Russia. Ma nei giorni scorsi, il Segretario di Stato USA Antony Blinken, il Ministro degli Esteri britannico David Cameron e diplomatici di Paesi Bassi, Danimarca, Repubblica Ceca, Polonia e Paesi Baltici hanno chiesto la revoca delle restrizioni. La decisione spetta ad ogni Paese membro e la NATO può all’unanimità prenderne atto, non imporre la decisione ai suoi membri. Se la NATO non sa più come operano le sue istituzioni, meglio rivederne le funzioni e la direzione di marcia, prima che qualche sconsiderato guerrafondaio conduca verso l’inevitabile conflitto mondiale. Perché è questo che si rischia con gli imbecilli ai vertici dell’organizzazione.

Sembra esserne convinto il Premier ungherese Orbán, il più ardimentoso di tutti i leader europei. Dice: “Dobbiamo ridefinire la nostra posizione all’interno dell’alleanza militare e come l’Ungheria possa esistere come membro della NATO pur non partecipando alle azioni della NATO al di fuori del suo territorio”.

Quali le reazioni in Italia, il più fido alleato di Washington nello scacchiere europeo? “Se vuoi la pace, prepara la guerra”, il significativo commento del Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che pure, in linea con Spagna e Germania, ha raccomandato prudenza e considerato controproducente il discorso di Stoltenberg. La “pasionaria” romana, dopo l’uscita di scena dei “falchi” Johnson e Draghi, soffre di una sindrome americana che la tormenta. Vista l’incertezza di Washington sull’atteggiamento da acquisire sulle questioni internazionali (Ucraina, Medio Oriente, Asia-Pacifico), Giorgia è costretta a rincorrere le evoluzioni della Casa Bianca senza nemmeno avere il tempo di metabolizzare le istruzioni da seguire. Così nel “caso Stoltenberg”, così sull’Europa a guida francese, così sulla “questione israeliana”, così sul riconoscimento della Palestina, così sul genocidio in atto a Gaza, così sulla rispettabilità della Corte Penale Internazionale. Ma lei, “de coccio”, come si dice a Roma, continua ad essere resiliente ad ogni eventuale graduale scostamento dal livellamento corrente, un margine che dia decoro e rispetto alle posizioni italiane in politica estera.

Più realisti e diplomatici i commenti dei suoi alleati di governo. “Noi siamo parte integrante della NATO, ma ogni decisione deve essere presa in maniera collegiale”, dice il Ministro degli Esteri Antonio Tajani dopo un anno e mezzo di eco atlantico anti-russo. “Non esiste un Segretario NATO o una Nazione che decide la linea per tutte le altre”, dice il Ministro della Difesa Guido Crosetto dopo un anno e mezzo di “gioco alla guerra” in Ucraina con relativo impegno bellico in favore del regime autocratico di Kiev. Ma aggiunge: “Noi non possiamo attaccare. Possiamo solo difenderci”. Drastico il Vice Primo Ministro Matteo Salvini: “Stoltenberg o ritratta o chiede scusa o si dimette”, dice dopo un anno e mezzo di maldigerita sottoposizione alla Casa Bianca per subalternità ai dettami “americani” di governo. E rincara la dose: “Se vogliono andare a combattere in Ucraina, lasciamo che Stoltenberg, Emmanuel Macron e tutti gli attentatori che vogliono la guerra vadano lì”. Il riferimento al Presidente francese è conseguente all’accordo ottenuto da Kiev per consentire agli istruttori militari francesi di entrare in Ucraina.

“Le parole di oggi del Segretario Generale della NATO segnalano un’ulteriore escalation militare. Siamo sull’orlo della Terza Guerra Mondiale”, tuona Giuseppe Conte, il più autorevole esponente pacifista dell’opposizione e, per la verità, sempre critico nei confronti della politica bellica come unico mezzo di risoluzione delle controversie internazionali.

Se le posizioni del Partito Democratico, che non osa abbracciare le posizioni pacifiste francescane o sulla scia di Hermann Hesse, galleggiano nell’ambiguità, quelle fomentatrici di Lorenzo Cesa, Segretario dell’Unione di Centro, rivelano l’interpretazione del suo spirito cristiano: “L’Italia, come tutti gli altri Paesi della NATO, deve rispettare i propri impegni di invio di aiuti e armi attraverso accordi bilaterali. Questo dovrebbe essere fatto non solo dall’Italia, ma anche da tutti gli altri Paesi”. Certo, le sue dichiarazioni riflettono forse fin troppo il suo incarico istituzionale di Presidente della Delegazione italiana presso l’Assemblea Parlamentare della NATO. Ma il realismo non è incompatibile con l’opportuna critica ad un Segretario Generale fuori controllo. Dopo tutto, non più di un funzionario…

Gli effetti di un bombardamento NATO a Belgrado, Europa, nel 1999

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