di Robert Fisk
Libera traduzione da: The Independent, Friday 13 June 2014
“Sykes-Picot è morto” mi ha ruggito ieri sera Walid Jumblatt – e potrebbe anche essere giusto.
Il leader druso libanese – il quale ha combattuto in una guerra civile di 15 anni che ha ridisegnato la mappa del Libano – ritiene che le nuove battaglie per il controllo jihādista sunnita della Siria settentrionale e orientale e dell’Iraq occidentale abbiano finalmente distrutto la cospirazione postbellica anglo-francese ordita da Mark Sykes e François Picot, che ha diviso il vecchio Medio Oriente ottomano in staterelli arabi controllati dall’Occidente.
Il Califfato Islamico d’Iraq e Siria è stato posto in opera – anche se solo temporaneamente – dai combattenti sunniti affiliati ad al-Qāʿida (nella foto una loro sfilata militare), i quali non prestano alcuna attenzione ai confini artificiali di Siria, Iraq, Libano o Giordania (coma anche in passato al Mandato di Palestina), creati da Britannici e Francesi. La loro cattura della città di Mosul evidenzia soltanto il crollo del piano segreto di spartizione che gli Alleati elaborarono durante la Prima Guerra Mondiale – perché Mosul era richiesta sia dalla Gran Bretagna sia dalla Francia per la sua ricchezza petrolifera.
L’intero Medio Oriente è stato ossessionato dall’accordo Sykes-Picot, che ha anche permesso alla Gran Bretagna di attuare la promessa del 1917 del Ministro degli Esteri Arthur Balfour di dare il sostegno britannico alla creazione di una “patria” ebraica in Palestina. Forse soltanto gli Arabi di oggi (e gli Israeliani) comprendono pienamente i profondi mutamenti storici – e la profonda valenza politica – che le straordinarie battaglie della scorsa settimana hanno operato sulla vecchia mappa coloniale del Medio Oriente.
Il collassante Impero Ottomano del 1918 era da suddividere in due su un asse nordest-sudovest, che avrebbe dovuto passare approssimativamente nei pressi di Kirkuk – oggi sotto controllo curdo – attraverso Mosul, nel nord dell’Iraq, e il deserto siriano e attraverso l’attuale Cisgiordania verso Gaza. Mosul era stata inizialmente assegnata ai Francesi, il suo petrolio ceduto dai Britannici in cambio di quella che sarebbe diventata una zona cuscinetto francese tra la Gran Bretagna e il Caucaso russo, rimanendo Baġdād e Baṣra al sicuro in mani britanniche sotto le linee francesi. Ma i crescenti desideri commerciali britannici per il petrolio erano stati presi in carico dagli accordi imperiali. Mosul era stata configurata nella zona britannica all’interno del nuovo Stato iraqeno (già Mesopotamia), con le sue forniture di petrolio in tutta sicurezza nelle mani di Londra. Iraq, Transgiordania e Palestina erano sotto controllo mandatario britannico, la Siria e il Libano sotto Mandato francese.
Ma la nuova carta geografica creata da al-Qāʿida e i suoi alleati an-Nuṣrah (Jabhat an-Nuṣrah li-Ahl ash-Shām, Fronte di Sostegno al Popolo del Levante, N.d.T.) e ISIS (ad-Dawla al-Islāmiyya fi al-’Irāq wa-sh-Shām, Stato Islamico dell’Iraq e del Levante, N.d.T.) corre non da nord-est a sud-ovest, ma da est a ovest, passando per le città di Fallujah, Tikrīt e Mosul, per Raqqa e le grandi aree della Siria orientale. La tattica jihādista indica chiaramente che la linea è destinata a correre ad ovest di Baġdād proprio attraverso i deserti iraqeno e siriano, per includere in Iraq Homs, Hama e Aleppo. Ma l’esercito governativo siriano – combattendo con successo una battaglia pressoché identica a quella che ora coinvolge un esercito iraqeno demoralizzato – ha ripreso Homs, ha mantenuto Hama ed alleviato l’assedio di Aleppo.
Casualmente l’economista Ian Rutledge ha appena pubblicato un resoconto sulla battaglia per Mosul e il petrolio durante e dopo la Prima Guerra Mondiale, e sul tradimento ai danni del Musulmano sunnita Sharīf Ḥuseyn della Mecca, cui i Britannici avevano promesso un Paese arabo indipendente in cambio del suo aiuto ad abbattere l’Impero Ottomano. Rutledge ha studiato la preoccupazione della Gran Bretagna per il potere sciita nel sud dell’Iraq – dove si trova il petrolio di Baṣra – materiale di acuta rilevanza ai fini della crisi che ora sta lacerando l’Iraq a pezzi.
Perché il potere erede di Sharīf Ḥuseyn in Arabia è la famiglia reale saudita, che sta incanalando miliardi di dollari verso quegli stessi gruppi jihādisti che hanno preso la Siria orientale e l’Iraq occidentale ed ora Mosul e Tikrīt. I Sauditi si sono posti come il potere sunnita fondamentale nella regione, controllando il patrimonio petrolifero del Golfo Arabo – fino a quando il rovesciamento americano del dittatore sunnita Ṣaddām Ḥusayn ha condotto inesorabilmente a un governo a maggioranza sciita a Baġdād alleato dell’Iran sciita.
Così, la nuova mappa del Medio Oriente aumenta notevolmente il potere saudita sul petrolio della regione, riducendo le esportazioni iraqene, aumentando il costo del petrolio (tra cui, ovviamente, quello saudita), a scapito di un Iran spaventato e ancora sotto sanzioni, che deve difendere i suoi correligionari nel governo collassante di Baġdād. Il petrolio di Mosul è ormai petrolio sunnita. E le vaste e inesplorate riserve che si ritiene si trovino sotto i deserti controllati dal jihād ad ovest di Baġdād sono ora saldamente in mani sunnite, piuttosto che in quelle nazionali del governo di Baġdād controllato dagli Sciiti.
Questo smembramento, naturalmente, potrebbe anche suscitare una nuova versione della terrificante guerra Iran-Iraq – un conflitto che ha ucciso 1,5 milioni di Musulmani sunniti e sciiti, con entrambe le parti armate da potenze esterne, mentre gli Stati arabi del Golfo finanziavano la leadership sunnita di Ṣaddām. L’Occidente è stato felice di vedere queste grandi potenze musulmane combattersi tra di loro. Israele inviava armi all’Iran e osservava i suoi principali nemici islamici distruggersi a vicenda. Ecco perché Walid Jumblatt ora ritiene che la tragedia attuale – mentre ha ucciso Sykes e Picot – vedrà Arthur Balfour sorridente nella sua tomba.