IWA MONTHLY FOCUS

MAR NERO: VERSO AREE D’INFLUENZA SULL’ASSE ANKARA-MOSCA?

di Glauco D’Agostino

Questo articolo è stato per primo pubblicato in Inglese da “Geopolitica. Revistă de Geografie Politică, Geopolitică şi Geostrategie“, Anul XV, nr. 70 (2 / 2017) “PROIECŢII GEOPOLITICE PE FALIA EURASIATICĂ“, Editura “Top Form”, Asociaţia de Geopolitica Ion Conea, Bucureşti, 2017. L’autore è componente del Comitato Scientifico Internazionale della rivista.

Iași (Moldavia romena), Piazza Re Stefano III il Grande, Palazzo della Cultura (foto dell’autore)

Sommario

Il disfacimento dell’URSS e del Patto di Varsavia ha determinato una nuova situazione, con Romania e Bulgaria aderenti alla NATO e all’UE, Ucraina e Georgia che vi aspirano e la Moldavia tirata per la giacca da pressioni sia europee sia russe. Nel frattempo, è nata una barriera di sicurezza contro l’influenza NATO, con la formazione di Stati indipendenti secessionisti, come Transdnestrija, Abkhazija e Ossezia del Sud, e il ritorno della Crimea alla Russia. L’altro attore regionale è la Turchia, che accoglie milioni di Circassi e centinaia di migliaia di Abkhazi. Oggi Mosca teme il crescente nazionalismo per un’entità nazionale circassa all’interno della Federazione Russa. Anche i Tatari di Crimea confidano nella protezione turca.

Il problema più controverso in tutta l’area riguarda la Bessarabia, una regione appartenente alla Romania prima del 1944 e oggi politicamente divisa tra Moldavia, Ucraina e Transdnestrija. Il Regno di Romania era nato nel 1881 come sviluppo dell’Unione dei Principati di Moldavia e Valacchia, mentre nel 1918 nasceva la Grande Unione di Romania. Poi, nel 1940 la creazione della Moldavia come Stato federato dell’URSS fino all’indipendenza del 1991. Oggi la Romania guarda alla Moldavia con gli occhi dell’omogeneità etnica e della propria configurazione storica e l’ombra di un’annessione russa della Transdnestrija pesa sui Romeni per timore di un inglobamento nel Russkij Mir, specie dopo il precedente della Crimea. Poi restano le presunte ingerenze russe nella Gagauzia moldava, che non vede di buon occhio il nazionalismo romeno e l’eventuale suo assorbimento in una Grande Romania. Il contraltare alla Russia in Gagauzia potrebbe essere la Turchia.

Intanto, Chișinău rigetta le proposte per una “federazione asimmetrica”  moldava con Gagauzia e Transdnestrija, ma le sue preoccupazioni riguardano la presenza militare russa nello Stato secessionista. L’attuale tendenza di Mosca è di creare una catena di trasmissione del potere russo sul Mar Nero, in cui la Crimea è già territorio della Federazione e il resto ne costituisce un complemento informale. L’altro asse politico, quello occidentale, sembra non funzionare più proprio per le mutate condizioni geo-politiche. Sul palco si riaffaccia un nuovo soggetto regionale: la Turchia.

Parole-chiave: Mar Nero, Russia, Turchia, Moldavia, Romania, Bessarabia, Gagauzia, Transdnestrija, Grande Romania, Russkij Mir, Crimea, Ucraina, NATO.

 

Il panorama geo-politico

Il Mar Nero unisce o divide i popoli insediati sulle sue rive? A guardare la situazione attuale, si direbbe che li divida. Le sponde occidentali del Mar Nero in Romania e Bulgaria non sembrano avere molti contatti con quelle settentrionali in Ucraina e Russia, a loro volta non comunicanti a causa della guerra ancora in corso tra le due nazioni ex-sovietiche; lo stesso per quelle russe con le coste orientali in Georgia. In quest’ultimo caso, la ragione si chiama Abkhazija, la regione autonoma georgiana proclamatasi repubblica indipendente nel 1992, riconosciuta dalla Federazione Russa nel 2008 e lo stesso anno dichiarata dalla Georgia territorio occupato dai Russi.

Il tema del Mar Nero [mappa a lato di NormanEinstein] è, come sempre, un questione geo-politica, entro cui si inscrivono le controversie politiche nazionali e territoriali. Gli attori principali sono la Federazione Russa e l’Occidente, a parte il fatto che, mentre sappiamo bene cosa sia la Russia, al momento non sappiamo bene cosa sia l’Occidente, se un’alleanza politico-militare a firma NATO o un puro concetto intellettuale immedesimato in una presunta civiltà unificante popoli omogenei. Se non ché la Turchia, che non è assimilabile alla civiltà occidentale, è membro della NATO ed oggi in ottimi rapporti con Mosca; e l’Unione Europea, faro del pensiero democratico liberale, sembra prendere le distanze dalla radicalizzazione americana e ricerca anch’essa buoni rapporti con Mosca. Insomma, un bel rompicapo geo-politico!

Così, il Mar Nero assurge nel nostro tempo a palestra di un confronto che sovrasta l’interesse dei popoli che vi sono stanziati e di cui la geo-politica, con la sua visione troppo incentrata sugli scenari economici mondiali, non sempre sembra essere in grado di interpretare gli interessi materiali e trascendenti. Con questo ragionamento si intende sottolineare aspetti storici e spirituali che riguardano i costumi e il modo di vivere delle popolazioni, che spesso sono trascurati dall’enfatizzazione del concetto di Stato-Nazione (lo Stato costruito sul concetto etnico) e che non aiuta certo la comprensione degli eventi, specie quelli attuali in evoluzione. Questo non significa che gli aspetti geo-politici e di alleanze militari vadano sottovalutati, anzi! Ma certamente non sono i soli.

Proprio da quest’ultimo punto di vista, il disfacimento dell’Unione Sovietica e del Patto di Varsavia ha determinato una nuova situazione che oggi nella regione vede Romania e Bulgaria aderenti alla NATO e all’Unione Europea, Ucraina e Georgia che vi aspirano e la Moldavia (già associata all’UE come i due precedenti Stati) tirata per la giacca da pressioni sia europee sia russe. In più:

  • dal 23 dicembre scorso la Moldavia, dopo il filo-europeo Nicolae Timofti, ha scelto come Presidente il socialista filo-russo Igor’ Nikolaevič Dodon, che comunque fino alle elezioni parlamentari del 2018 dovrà condividere il potere istituzionale con il Primo Ministro Pavel Filip, Vice Presidente del filo-europeo Partito Democratico;[1]
  • la Bulgaria continua a mantenere particolari buoni rapporti con Mosca, specialmente dopo l’elezione del Presidente Rumen Georgiev Radev (indipendente, ma sostenuto dal filo-russo Partito Socialista), sebbene le elezioni legislative del marzo scorso abbiano assegnato la maggioranza relativa dei seggi in Parlamento al partito filo-europeo Cittadini per lo Sviluppo Europeo della Bulgaria.

Nel frattempo, la diplomazia russa ha provveduto a creare una barriera di sicurezza contro l’influenza promozionale della NATO, provocando e sostenendo la formazione di Stati indipendenti secessionisti, come la Transdnestrija (dalla Moldavia), Abkhazija e Ossezia del Sud (dalla Georgia) e, da ultimo, riacquisendo la Crimea dall’Ucraina nel 2014 [vedi mappe a lato]. Gli effetti sono sicuramente destabilizzanti rispetto agli assetti del dopo Guerra Fredda e certo gli sforzi per intensificare la cooperazione regionale non hanno avuto molto successo:

  • l’Organizzazione della Cooperazione Economica del Mar Nero, nata nel 1992 con l’adesione di tutti i sette Stati rivieraschi più Albania, Grecia, Armenia, Azerbaijan e (dal 2004) Serbia, non ha prodotto proposte realistiche;[2]
  • mentre più recentemente non è riuscita l’iniziativa romena di rafforzare la presenza navale congiunta sul Mar Nero tra i tre Paesi NATO di Romania, Bulgaria e Turchia, per l’opposizione del governo di Sofia.[3] E d’altra parte l’apparente disimpegno dell’Alleanza Atlantica nell’area è in linea con l’invito del Presidente Trump all’Europa a impegnarsi di più per la propria difesa, senza confidare nel continuo intervento degli alleati nelle crisi regionali.

Turchia, attore regionale culturale e religioso

Se questo è il quadro politico-militare che vede l’influenza russa in espansione, cambiando l’ottica sul piano dell’attrattività etnico-linguistico-culturale, l’altro attore regionale è sicuramente la Turchia. Sono di origine etnico-linguistica turca i Gagauzi di Moldavia e Budzhak, i Tatari di Crimea e Dobrudzha, i K’aračaj, Balkari e Nogai del Caucaso settentrionale, i Turchi di Bulgaria e i K’araj di Crimea, per un totale di oltre 1,5 milioni di persone. E la Turchia ospita circa 350 mila Bulgari turchi,[4] 180 mila Tatari, 90 mila Nogai, 20 mila K’aračaj e 15 mila Gagauzi. Dal punto di vista dell’appartenenza religiosa i gruppi etnici predetti sono musulmani, tranne i Gagauzi, che sono cristiano-ortodossi, e i K’araj, che appartengono ad una sparuta corrente religiosa dell’Ebraismo.[5] Questo significa che l’appeal della Turchia come Paese musulmano si estende agli aspetti religiosi, coinvolgendo nell’area almeno ulteriori 1,3 milioni di persone rispetto a quelle di origine etnico-linguistica turca, distribuiti soprattutto sul versante russo-georgiano del Mar Nero.

Abkhazija, Monastero Novoafonsky (Nuovo Athos)

A questo proposito, è interessante la vicenda che coinvolge Abkhazi e Circassi, entrambi di etnia caucasica, ma oggi in maggioranza cristiano-ortodossi i primi, musulmani di scuola ḥanafita i secondi. La Turchia accoglie più di tre milioni di Circassi[6] e centinaia di migliaia di Abkhazi[7] come conseguenza delle guerre russo-circasse e russo-turche del XIX secolo. In aggiunta, i Musulmani abkhazi, in maggioranza durante gli anni ’20 del ‘900 quando l’Abkhazija godeva dello status di Repubblica Socialista Sovietica, divennero gradualmente minoranza rispetto alla popolazione georgiana da quando Stalin nel 1931 la degradò a Repubblica Autonoma entro i confini della Georgia. Oggi Mosca teme che Circassi e Musulmani abkhazi assieme possano alimentare il crescente nazionalismo che chiede un’entità nazionale circassa all’interno della Federazione Russa, progetto attualmente ostacolato dalla dispersione della popolazione circassa tra Kabardino-Balkaria, Adigezia e Karačaj-Circassia.[8] In questo la Turchia, sfruttando i suoi ottimi rapporti storici e commerciali con la Repubblica di Abkhazija (benché non la riconosca ufficialmente), potrebbe giocare un ruolo di propulsione non gradito a Mosca, ma ancora meno gradito a Tbilisi, che rivendica la sua sovranità sulla repubblica secessionista. Tuttavia, la Georgia cristiana e filo-occidentale preferisce forse mantenere buoni rapporti con un Paese NATO musulmano, piuttosto che con una Russia ostile che le ha strappato buona parte del suo territorio.

Bağçasaray (Crimea), Grande Moschea del Palazzo Han Saray (foto di Tiia Monto)

Se volgiamo lo sguardo più ad ovest, anche i Tatari di Crimea confidano nella protezione turca, per quanto questa si possa esplicare nell’attuale quadro geo-politico che vede Erdoğan impegnato a ricucire le relazioni con Putin. Ma sono evidenti i segnali dell’esponenziale aumento di organizzazioni tatare della diaspora ad Ankara e Istanbul. E lo stesso Erdoğan, allora Primo Ministro, appena un mese dopo l’annessione russa della Crimea si esponeva, promettendo protezione per le comunità, la lingua e la cultura tatara. I Tatari erano maggioranza etnica in Crimea prima che il Khanato fosse strappato alla protezione del Sultanato Ottomano nel 1774 e che terminasse una gloriosa storia di oltre tre secoli con l’annessione all’Impero Russo nel 1783. La Guerra di Crimea del 1853-56 determinò la loro fuga in massa soprattutto verso l’Anatolia e la Dobrudzha. Schieratisi subito contro la Rivoluzione bolscevika nel 1917, diedero vita alla Repubblica Popolare di Crimea,[9] primo tentativo nel mondo islamico di creare uno Stato secolare, con l’intento di stabilire uguali diritti per tutte le etnie.

Poi, fecero il resto le persecuzioni comuniste, il Sürgünlik (le deportazioni ordinate nel 1944 da Stalin verso la Siberia e l’Asia Centrale)[10] e le “dimenticanze” di Khrushёv nei confronti dei Tatari: quest’ultimo caso si verificò quando permise il ritorno nelle loro terre di milioni di proscritti delle purghe staliniane, facendo eccezione per i Tatari fino a ridurli al numero attuale di 230 mila, al netto di coloro che hanno lasciato la Crimea verso l’Ucraina dopo la sua annessione nel 2014.[11] Insomma, la Crimea ha rappresentato in pieno il cuore della competizione sul Mar Nero tra Islam e Cristianità, poi tra Cristianità e Comunismo e infine tra Cristianità, Islam e mondo secolarizzato, con tutte le implicazioni politiche che ne derivano in termini di concezioni dello Stato e delle comunità.

Mappa etnica della Romania nel 1930 (fonte: http://www.deacademic.com/)

Bessarabia: un dilemma etnico-linguistico e storico

Il problema più controverso in tutta l’area del Mar Nero, nonostante i problemi etnico-religiosi e politici presentati sopra, riguarda un’area particolarmente turbolenta dal punto di vista storico e territoriale: la Bessarabia, una regione appartenente alla Romania prima che l’Armata Rossa la occupasse nel 1940 assieme alla Bucovina settentrionale e alla Hertza (oggi entrambe in Ucraina). Un censimento del 1930 ne indicava la composizione della popolazione in prevalenza romena, con importanti minoranze russe, ucraine, ebree e bulgare [vedi mappa a lato]. Il Consiglio Nazionale di Bessarabia, nel quadro di una possibile Russia federale dopo la Rivoluzione d’Ottobre, aveva stabilito la Repubblica Democratica Moldava alla fine del 1917 e aveva poi votato l’unificazione con la Romania all’inizio del 1918.[12] Ancora prima, la Bessarabia era nata con il Trattato di Bucarest del 1812, quando il Sultanato Ottomano aveva ceduto all’Impero Russo la parte orientale del Principato di Moldavia a conclusione della Guerra Russo-Turca e di una lunga serie di temporanee occupazioni da parte degli Tsar. Oggi la Bessarabia è politicamente divisa tra Moldavia, Ucraina e Transdnestrija e dunque vive tutte le conseguenze di questa condizione politico-territoriale tra condizionamenti filo-occidentali, filo-russi e filo-turchi.

In Bessarabia, tra le minoranze etniche, vivono i già citati Gagauzi, di origine etnico-linguistica turca e di religione cristiano-ortodossa. La maggior parte di loro è stanziata in Gagauzia, Unità Territoriale Autonoma della Moldavia meridionale lungo il confine con l’Ucraina, ma circa 25 mila vivono nella regione storica di Budzhak, nell’oblast’ di Odessa. In fuga dalla Bulgaria ottomana nella prima metà dell’800, oggi insediati all’intersezione frontaliera tra Romania, Moldavia e Ucraina e non lontani dal limite meridionale della Transdnestrija, i Gagauzi per la maggior parte degli ultimi duecento anni hanno affrontato la dominazione russa, prima tzarista e poi ucraino-sovietica, sospesi tra una politica di favore e una contraria di assimilazione: per esempio, con l’Imperatore Nicola I ricevettero finanziamenti per acquisire le terre abbandonate dai Musulmani Nogai in Bessarabia dopo il Trattato di Bucarest, ma, quando nel 1848 iniziarono un movimento nazionalista, furono duramente repressi dai Cosacchi. Lo stesso finì quando nel 1905 dichiararono la Repubblica di Comrat (l’attuale capitale) e quando due anni dopo si unirono ai Moldavi in una rivolta anti-russa.[13] Dopo essere stati associati alle vicende romene dal 1918 e moldave dal 1940, i Gagauzi dichiararono l’indipendenza nel 1991, anticipando di otto giorni quella della Moldavia dall’URSS.

Nell’attuale Repubblica di Moldavia la maggior parte della popolazione si auto-identifica come moldava, ma nella secessionista Repubblica Moldava di Transdnestrija l’identificazione è grosso modo ugualmente tripartita tra Moldavi, Russi e Ucraini. Tuttavia, resta controverso se i Moldavi costituiscano una variante territoriale del gruppo etnico romeno o debbano essere considerati un gruppo etnico a se stante. L’argomento si riflette in termini linguistici sui fondamenti normativi dello Stato, perché, mentre la Dichiarazione d’Indipendenza del 1991 indica il Romeno come lingua ufficiale dello Stato,[14] la vigente Costituzione del 1994 indica il Moldavo.[15] Una decisione della Corte Costituzionale del 2013 dirime la questione sulla base del principio che la Dichiarazione d’Indipendenza ha precedenza sulla Costituzione. In effetti, sembra una questione soltanto nominalistica a sfondo politico, perché il Moldavo parrebbe soltanto la denominazione della lingua romena parlata in Moldavia durante la sua appartenenza all’Unione Sovietica.

Mappa etnica della Romania nel 1941 a livello di contee e regioni storiche (di Andrein & Colinspancev)

Durante la sovranità romena sull’intera Bessarabia prima del 1940, non sussisteva alcuna distinzione etnica e linguistica tra Romeni e Moldavi, identificati tutti come Romeni (come già rilevato per il censimento del 1930). Tuttavia, Moldavi si chiamavano gli abitanti del Principato di Moldavia esistente per più di cinque secoli; e oggi in Romania non mancano iniziative da parte dei Moldavi lì residenti volte al riconoscimento dello status di minoranza, proposte tutte senza successo, nonostante il sostegno da parte delle autorità governative della Repubblica di Moldavia.

Lo sviluppo del territorio romeno 1861-1947 (fonte: http://www.deacademic.com/)

I gruppi etnici dell’Austria-Ungheria nel 1910

Mappa della guerra tra l’Ungheria e la Romania nel 1919 (di Kryston)

La contesa tra Romania, Moldavia e Ucraina

Il Regno di Romania era nato nel 1881 come sviluppo dell’Unione dei Principati di Moldavia e Valacchia formata nel 1859, formalmente insediata tre anni dopo e denominata Romania dal 1866. Prima dell’instaurazione del Regno, l’Unione dei Principati era ancora formalmente sotto sovranità ottomana, anche se sotto reale protettorato russo. Alla fine della Guerra Russo-Turca, in cui la Romania si schierò dalla parte dei Russi, con la Pace di Santo Stefano e il Trattato di Berlino del 1878 le grandi potenze acconsentirono all’indipendenza della Romania e all’istituzione del Principato di Bulgaria, che però rimase subordinato all’influenza russa, sebbene nominalmente vassallo del Sultanato Ottomano. La Bulgaria avrebbe acquisito l’indipendenza nel 1908, mentre nel 1918 la Dichiarazione di Alba Iulia avrebbe dato vita alla Grande Unione di Romania, con l’accorpamento di Bessarabia (fino ad allora sotto dominazione russa), Transilvania, Bucovina e l’appena proclamata Repubblica del Banato (tutte sotto dominazione dello sconfitto Impero Austro-Ungarico) al Regno di Romania. La denominazione di Moldavia, invece, ricompariva dal 1924 all’interno dell’Ucraina sovietica come Repubblica Socialista Sovietica Autonoma Moldava,[16] composta dall’attuale Transdnestrija e da alcuni territori dell’attuale Ucraina, cioè meno di un terzo della Moldavia storica. Poi, nel 1940 la creazione della Repubblica Socialista Sovietica di Moldavia come Stato federato dell’URSS,[17] condizione perpetuata fino all’indipendenza acquisita nel 1991.

La divisione della Bucovina dopo il 28 giugno 1940

Le perdite territoriali della Romania nell’estate del 1940 (mappa di Anton Gutsunaev)

Ora, tutti i predetti territori del Regno di Romania erano abitati da popolazione a maggioranza romena, con l’eccezione della Bucovina che era popolata in parti grosso modo uguali da Ucraini e Romeni. Poi il Patto Molotov-Ribbentrop del 1939 avrebbe determinato l’annessione all’URSS della parte settentrionale della regione (abitata in maggioranza da Ucraini) come “riparazione per la grande perdita prodotta all’Unione Sovietica e alla popolazione di Bessarabia da ventidue anni di dominio romeno in Bessarabia”. Oggi la Bucovina romena conta ovviamente una maggioranza di popolazione romena, ma, per contro, non si spengono le polemiche per il fatto che i censimenti ucraini continuino a separare Romeni e Moldavi nella Bucovina settentrionale, così come a livello nazionale.

Le rivendicazioni romene sulla Bessarabia rappresentano un fatto politico attuale. Nella foto dell’autore, scritte sugli argini del Fiume Dâmbovița a Bucarest, agosto 2017

Dunque, esiste una contestazione da parte romena nei confronti della Moldavia e dell’Ucraina in ordine al riconoscimento dell’etnia romena, che Bucarest tende ad estendere ai Moldavi. Gli argomenti suesposti hanno un risvolto politico rilevante nei rapporti diplomatici e istituzionali fra i Paesi dell’area. La Romania guarda alla Moldavia con gli occhi dell’omogeneità etnica e della propria configurazione storica e potrebbe pretendere di intervenire ovunque il diritto dei “Romeni” sia messo in discussione. Da parte moldava, Mircea Ion Snegur, il primo Presidente dall’indipendenza, dichiarava nel 1991: “L’indipendenza è ovviamente una condizione temporanea. In un primo momento, ci saranno due stati romeni, ma questo non durerà a lungo. Ripeto ancora una volta che l’indipendenza della Moldavia sovietica è un passo, non un fine”.[18] E Charles King, Professore di Affari Internazionali alla Georgetown University, scriveva nel 1994: “Moldavo non dovrebbe riferirsi più che a un’identità regionale in una Grande Romania ricostituita”.[19] Mentre nel 2009 il filo-europeo Traian Băsescu, allora Presidente della Romania, ribadiva il non riconoscimento dei confini con la Moldavia “in quanto conseguenza del Patto Molotov-Ribbentrop”.[20]

La diffidenza romena verso l’espansionismo di Mosca e il caso Gagauzia

I critici di queste posizioni le considerano come l’estensione all’attualità dell’orgoglio costituito dalla “Grande Romania” degli anni 1918-40[21] e sottolineano come la Romania sia stato il primo Stato a riconoscere la nuova Repubblica di Moldavia dopo l’indipendenza dall’URSS.

L’estensione massima del territorio rivendicato da Novorossija, comprese le repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk

Odessa (Ucraina), il porto

Il diritto di difesa dei “Romeni” oltre i confini della Romania potrebbe anche sottintendere una precisa risposta alle teorie del Cremlino sul diritto di difesa dei “Russi” ovunque si trovino[22] (leggi Guerra del Donbas dal 2014 e le conseguenti auto-proclamate Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk).[23] Cioè una questione squisitamente geo-politica di opposizione all’espansionismo di Mosca e di solidarietà con Kiev che decisamente sovrasta le possibili rivendicazioni storiche sulla regione di Budzhak (ancora l’ombra del Patto Molotov-Ribbentrop). Anche perché l’ombra di un’annessione russa della Transdnestrija (che, per inciso, è stata l’area moldava di più lunga appartenenza sovietica e dalla sua proclamazione d’indipendenza continua ad essere supportata da Mosca) pesa sulla percezione dei Romeni come timore di un inglobamento progressivo del Russkij Mir, specie dopo il precedente dell’annessione della Crimea ai danni dell’Ucraina; e la rivendicazione avanzata da elementi filo-russi di Odessa della creazione di una Novorossija come stato federato all’interno dell’Ucraina[24] ricorda troppo la Provincia Imperiale Russa che all’inizio del ‘900 si estendeva dalla Bessarabia al Donbas.

Mappa amministrativa della Moldavia (di Paju)

E poi restano le presunte ingerenze russe sulle questioni politiche in Gagauzia:

  • specificamente quelle esercitate tre anni fa durante il referendum popolare non vincolante che ha rivelato una preferenza per maggiori legami con la Russia attraverso l’Unione Economica Eurasiatica, il rigetto verso l’associazione moldava all’Unione Europea e, anzi, l’opzione dell’indipendenza gagauzia nel caso la Moldavia si riunificasse con la Romania o entrasse a pieno titolo nell’UE o nella NATO;[25]
  • e ancora le presunte pressioni esercitate un anno dopo, all’atto dell’elezione della filo-russa Irína Fëdorovna Vlah come Governatore dell’Unità Territoriale Autonoma.

Ma vero è che l’influenza russa sui Gagauzi è storicamente notevole non solo sul piano politico. Dal 1991 i Gagauzi usano il moderno alfabeto turco, dopo aver usato quello cirillico dal 1957, ma ancora oggi la stragrande maggioranza della popolazione parla correntemente il Russo come lingua madre accanto a quella locale, nonostante la lingua ufficiale dello Stato sia il Moldavo (o il Romeno, come visto in precedenza).[26] Mikhail Formuzal, predecessore di Irína Vlah, così si esprimeva nel 2008: “La nostra gente è parte integrante del mondo russo … e, per quanto sembri paradossale, la conoscenza della lingua russa è garante della nostra salvaguardia, inclusa la nostra identità etnica”.[27]

Certo, i 160 mila Gagauzi di Moldavia, culturalmente un misto di costumi turchi e balcanici, non vedono di buon occhio il nazionalismo romeno e l’eventuale loro assorbimento in una Grande Romania, per timore che l’autonomia di cui attualmente godono dal 1994 possa essere soppressa come già successo per le Regioni Autonome ungheresi nel 1968.[28] Anzi, Comrat moltiplica gli sforzi perché il Parlamento moldavo consenta una legge di promozione della lingua e della cultura locale sul modello adottato dal Tatarstan in Russia. Con questo infastidisce i filo-romeni, che attribuiscono alla proposta presunti ovvi intenti di prendere le distanze dalla cultura dominante a Chișinău. Paradossalmente, i Gagauzi li trovano alleati per lo stesso obiettivo di combattere la dominante cultura russofona. Antinomie che sono esattamente la cifra della situazione politica nell’area!

Ucraina – Mappa delle lingue native (censimento 2001)

Accanto, gli oltre 100 mila Moldavi e Gagauzi di Budzhak non sembrano subire discriminazioni dagli Ucraini,[29] che rappresentano soltanto il 40% della popolazione della regione; specialmente i Gagauzi, visti i favori di cui godono per legge in termini di utilizzo della loro lingua e di incentivi all’integrazione nella vita civile. Semmai, sono proprio gli Ucraini a doversi preoccupare per i crescenti sentimenti filo-russi che si registrano tra le altre minoranze etniche.[30]

Molti sperano che il contraltare alla Russia in Gagauzia possa essere la solita Turchia, proprio per i suoi legami etnico-linguistico-culturali già evidenziati e per i suoi trascorsi storici ottomani di dominio diretto o di vassallaggio su quasi tutto l’arco costiero del Mar Nero. In effetti, la presenza turca nell’indigente territorio autonomo moldavo è percepibile attraverso gli aiuti economici forniti dall’Agenzia Turca di Cooperazione e Sviluppo, l’organismo governativo finalizzato all’assistenza verso i Paesi con un basso indice di sviluppo umano.[31] E questo è quello di cui la Gagauzia ha bisogno, opportunità di attrarre investimenti e risorse finanziarie.

Peccato per i Romeni che la miope Unione Europea non si accorga del ruolo attivo di Ankara nell’area, che continui a respingerla e che la solleciti sempre più al compromesso con Mosca. “Difendimi, Signore, dai miei amici”, titolava un glorioso quotidiano romeno.[32] Su un portale moldavo in lingua russa si legge: “L’idea di Gagauzia come ponte tra Turchia e Russia è sempre stata piuttosto stravagante … Che cosa ha spinto i due Paesi a rivolgersi a questa strategia? Se le vicissitudini delle relazioni bilaterali o qualcosa di diverso, è importante oggi per la Gagauzia sfruttare appieno l’opportunità”.[33] E non mancano coloro che, pur riconoscendo e apprezzando che questo disegno costituisca una piattaforma per lo sviluppo della cooperazione tra Russia e Turchia, ammettono che l’interesse turco e russo (o russo-turco) per la Gagauzia possa nascondere un verosimile disegno egemonico (alternativo o congiunto) per conquistare sfere d’influenza.[34]

La Moldavia verso una “federazione asimmetrica”?

Chişinău (Moldavia), Cattedrale ortodossa metropolitana russa della Natività di Cristo

Intanto, in Moldavia sembra inasprirsi il contenzioso proprio tra l’Unità Territoriale Autonoma di Gagauzia e lo Stato. Il motivo risiede nella diversa interpretazione del concetto di autonomia e della sua declinazione nella “Legge sulla Status Giuridico Speciale della Gagauzia”[35] e, a questo proposito, la regione autonoma contesta soprattutto il fatto che si demandi alla Cancelleria di Stato della Moldavia il compito di dirimere le controversie legali.[36] Comrat addebita a Chişinău, tra gli altri, i seguenti comportamenti penalizzanti per la sua autonomia:

  • Il tentativo di ridimensionare lo Statuto di autonomia, con la proliferazione di leggi nazionali e di risoluzioni e ordini governativi incompatibili con lo Statuto stesso;[37]
  • Il rafforzamento del controllo sugli affari territoriali in Gagauzia;
  • Il rigetto delle proposte di sovranità gagauzia entro il quadro di una Confederazione con Moldavia e Transdnestrija.

Tiraspol ‘(Transdnestrija), Cattedrale della Natività di Cristo

L’argomento della Confederazione ricalca la stessa replica della Repubblica Moldava di Transdnestrija in risposta all’offerta della Repubblica di Moldavia di istituire un “Territorio auto-amministrato” per i cinque distretti oltre il Dnestr e la città di Tiraspol’, la capitale dello Stato secessionista.[38] C’è chi ricorda che, nonostante il raggiunto status di indipendenza, la Transdnestrija già nel 2003 aveva aderito all’idea di una “federazione asimmetrica” moldava con una difesa e una moneta comune (il Memorandum Kozak),[39] ma l’allora Presidente moldavo, il comunista Vladimir Nikolaevič Voronin, che aveva assentito in un primo tempo, l’aveva rigettata nel 2004 dietro pressioni di USA, Unione Europea e Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa.[40] Ancora una volta le preoccupazioni di Chișinău risiedevano nella presenza militare russa nello Stato secessionista, tant’è che nel 2005 il Parlamento moldavo approvava un provvedimento per la smilitarizzazione e democratizzazione dell’area come presupposto per qualsiasi accordo. La risposta di Tiraspol’ era giunta un anno dopo, con l’ennesima riaffermazione della propria indipendenza attraverso un referendum popolare con il 97% di approvazione.[41]

Traian Băsescu (a sinistra) e Nicolae Timofti, rispettivamente ex Presidenti di Romania e Moldavia, durante l’incontro del 17 luglio 2013 (Fonte: Președinția Moldovei)

Il Primo Ministro di Moldavia Pavel Filip (Fonte: prime.md)

Tuttavia, la diplomazia corre su altri binari. Era agosto dell’anno scorso quando James Pettit, Ambasciatore USA in Moldavia, così si esprimeva: “C’è la questione della Transdnestrija, che non è nemmeno sotto il controllo del governo centrale, ma necessita di uno status speciale che è un obiettivo ultimo, ma uno status speciale all’interno della Repubblica di Moldavia”,[42] scatenando le ire dell’ex Presidente romeno Traian Băsescu. Certo, a Chișinău il Presidente era Timofti e alla Casa Bianca sedeva Obama. Ma forse, se un asse Trump-Putin esiste davvero, allora a preoccuparsi dovrebbe essere oggi il Primo Ministro moldavo Pavel Filip!

Conclusioni

I fantasmi non finiscono di agitare le catene delle rivendicazioni. Dopotutto, la Storia significa qualcosa per i popoli e non bastano assicurazioni diplomatiche, alleanze militari e fiumi di denaro per sopire gli spettri della dipendenza e della sottomissione. Perché troppo spesso popoli ed etnie sono stati assoggettati nel recente passato ad imposizioni, tentativi di assimilazione e addirittura deportazioni. I Tatari di Crimea e Dobrudzha e i Gagauzi ne recano testimonianza. Ma non solo loro.

Il problema sul Mar Nero risiede nel consolidamento degli Stati nazionali nati a cavallo tra 19° e 20° secolo, in presenza di una popolazione disomogenea e con storie diverse e, per converso, di conterranei troppo spesso separati da confini impermeabili simili a muri impenetrabili. Romania e Bulgaria, per ragioni diverse, non hanno ancora superato i traumi del secondo dopoguerra, con le conseguenze delle mutilazioni territoriali o della sovranità limitata. Moldavia, Ucraina, Georgia e la stessa Russia ricercano un ruolo che abbia un senso all’indomani dell’era sovietica, oscillanti tra la difesa dell’unità territoriale, la costruzione di nuove alleanze e la tentazione di un nuovo espansionismo, mentre assistono (alcuni conniventi, altri impotenti) alla nascita di nuovi soggetti statuali, come Transdnestrija, Abkhazija e Ossezia del Sud, o regioni ribelli autosufficienti, come Donetsk e Lugansk.

L’Impero Ottomano e le sue dipendenze nel 1590 (di Chamboz)

Il virus della frammentazione si espande, in evidente contrasto, sul piano storico, alla stagione degli Imperi unificanti, come quello Ottomano (che alla fine del XVI secolo, con i suoi Stati vassalli, controllava quasi tutti Paesi costieri del Mar Nero) o quello Russo (che, ancora nella sua declinazione sovietica, aveva aggregato in termini di influenza l’arco settentrionale dei Paesi litoranei). E a nulla valgono i riferimenti dottrinali o le tentazioni di schierarsi “a priori” (frutto di un passato ideologico ormai tramontato), perché la realtà “sul campo” si dimostra ben più complessa delle semplificazioni suggerite dalle rispettive propagande di governo.

Il Presidente della Federazione Russa Vladimir Putin

Flotta russa del Mar Nero, Missili guidati Corvettes di classe 2X Nanuchka (Fonte: http://foxtrotalpha.jalopnik.com/putins-game-of-battleship-the-black-sea-fleet-and-why-1537656215/1538692035)

Sembra indubitabile l’attuale tendenza di Mosca a creare una barriera di protezione rispetto a una NATO ritenuta aggressiva e arrogante nei suoi confronti. E lo fa in parte con la diplomazia morbida (la rivelata armonia con Turchia e USA), in parte con la destabilizzazione strategica di aree significative. Gli Stati che guardano Putin con sospetto, anche per giuste preoccupazioni rispetto alla loro piena sovranità e agibilità internazionale, individuano nel percorso Chișinău-Tiraspol’-Comrat-Odessa-Sevastopol’-Simferopol’-Donetsk-Lugansk-Sukhumi-Tskhinvali una lunga catena di trasmissione del potere russo, in cui la parte centrale del tragitto (la Crimea, con la sua base navale della Flotta Russa del Mar Nero) è in modo indicativo e risolutivo già territorio della Federazione e il resto ne costituisce un complemento informale.

Se questo è vero, l’altro percorso Sofia-Bucarest-Kiev-Tbilisi, l’asse politico che i detrattori accusano di essere al servizio dell’Occidente, sembra non funzionare più proprio per le mutate condizioni geo-politiche. L’Occidente, impegnato a contrastare un nemico “terrorista” sempre più sfuggente, si sfarina come concetto e come garante degli equilibri territoriali che aveva contribuito a determinare ormai più di 70 anni fa.

E allora, che fare? Sul palco è entrato in scena un nuovo soggetto regionale che, volenti o nolenti, giocherà quel ruolo che la Storia gli ha sempre consegnato: è la Turchia. Forse gli altri attori regionali dovrebbero fare di necessità virtù. La Russia di Putin lo ha già fatto. Gli altri, con le dovute cautele e accortezze, dovrebbero richiamare i presunti alleati alle loro responsabilità, oppure, con i dovuti dubbi e sospetti, dovrebbero prenderne atto.

Dopotutto, questo potrebbe essere anticipatore di un nuovo assetto condiviso del Mar Nero fondato sull’influenza russo-turca, come mai si era visto nella Storia!

 

[1] La coabitazione tra Presidente e Primo Ministro si dimostra difficile specialmente sui temi di politica estera, materia in cui la competenza rimane comunque nelle mani del secondo. Proprio in questi giorni si consuma l’ennesima incomprensione (o meglio divergenza) tra i due in ordine all’espulsione da parte di Filip di cinque diplomatici russi dell’Ambasciata a Chișinău. Vedi Moldova at impasse; President for Russia, Premier for Europe (2 giugno 2017), http://www.fort-russ.com/2017/06/moldova-at-impasse-president-for-russia.html.

[2] Corina Rebegea (27 marzo 2017). The Black Sea As Battleground for Information Warfare: A View from Bucharest. Vedi http://www.eurasiareview.com/27032017-the-black-sea-as-battleground-for-information-warfare-a-view-from-bucharest/

[3] Bulgaria Rejects NATO Fleet in the Black Sea, Romania Hurriedly Backs Off (20 giugno 2016). Vedi https://sputniknews.com/world/201606191041590077-bulgaria-romania-nato-fleet/

[4] Ministry of Interior, General Directorate of Civil Registration and Nationality, Turkish Statistical Institute (06 luglio 2015). Place of Birth Statistics, 2014. Vedi http://www.turkstat.gov.tr/PreHaberBultenleri.do?id=21505.

[5] Mikhail Kizilov (9-12 aprile 2003). Karaites and Karaism: Recent Developments, paper presented at the CESNUR 2003 Conference, Vilnius, Lithuania. Vedi CESNUR, Center for Studies on New Religions, http://www.cesnur.org/2003/vil2003_kizilov.htm.

[6] Kadir I. Natho (2009). Circassian History, Xlibris Corporation, USA, pag. 505; and Sufian Zhemukhov (dicembre 2008). Circassian World Responses to the New Challenges, in PONARS Eurasia Policy Memo, n° 54, pag. 2.

[7] Amidst Ukraine Crisis, Turkey Courts Tatars, Abkhaz, and Gagauz in Soft-Power Campaign for Black Sea Dominance (18 maggio 2014). Vedi http://springtimeofnations.blogspot.it/2014/05/after-crimea-turkey-courts-tatars.html.

[8] Ibid.

[9] James B. Minahan (2000). One Europe, Many Nations: A Historical Dictionary of European National Groups, Greenwood Press, Westport, Connecticut (USA), pag. 189.

[10] Ibid.

[11] Updated Crimean Census Numbers (12 marzo 2016). Vedi https://eurasianstudies.wordpress.com/2016/03/12/updated-crimean-census-numbers/

[12] Cristina Petrescu (2001). Contrasting/Conflicting Identities: Bessarabians, Romanians, Moldovans, in Nation-Building and Contested Identities: Romanian & Hungarian Case Studies, Regio Books (Budapest) Editura Polirom (Iaşi), pag.156.

[13] Nikolas Kozloff (9 aprile 2017). Reflections on Ukraine, Russian Destabilization, Ethnic Separatism, the Gagauz People, a Voyage to Odessa and the So-Called “Bessarabian Republic”. Vedi http://www.huffingtonpost.com/entry/reflections-on-ukraine-russian-destabilization-ethnic_us_58ea8f5ee4b0acd784ca599c.

[14] Presidency of the Republic of Moldova (n.d.). Declaration of Independence of the Republic of Moldova. Vedi http://www.presedinte.md/eng/declaration.

[15] Constitution of the Republic of Moldova, Title I General principles, art. 13 State Language, Use of Other Languages (s.d.). Vedi http://www.constcourt.md/public/files/file/Actele%20Curtii/acte_en/MDA_Constitution_EN.pdf.

[16] Charles King (2000). The Moldovans: Romania, Russia, and the Politics of Culture, Hoover Institution Press, Stanford, California (USA), pag. 52.

[17] Charles King (2000). The Moldovans, cit., pagg. 93-94.

[18] John R. Haines (16 settembre 2016). Gagauzia: A Bone in the Throat. Vedi Foreign Policy Research Institute, http://www.fpri.org/article/2016/09/gagauzia-bone-throat-moldova/

[19] Charles King (giugno 1994). Moldovan Identity and the Politics of Pan-Romanianism, in Slavic Review, Volume 53, Issue 2, pag. 345.

[20] John R. Haines (16 settembre 2016). Gagauzia: A Bone in the Throat, cit.

[21] Corina Rebegea (27 marzo 2017). The Black Sea As Battleground for Information Warfare, cit.

[22] Where and how Romania will fight Russia – Part I (1° maggio 2015). Vedi http://euromaidanpress.com/2015/05/01/where-and-how-romania-will-fight-russia-part-i/#arvlbdata.

[23] Howard Amos, Oksana Grytsenko and Shaun Walker (12 maggio 2014). Ukraine: pro-Russia separatists set for victory in eastern region referendum. Vedi https://www.theguardian.com/world/2014/may/11/eastern-ukraine-referendum-donetsk-luhansk.

[24] Organization for Security and Co-operation in Europe (21 aprile 2014). Latest from the Special Monitoring Mission to Ukraine – based on information received up until 20 April 2014, 20:00 (Kyiv time). Vedi http://www.osce.org/ukraine-smm/117881.

[25] Gagauz Autonomy Marks 20 Years of Pride and Prejudice (22 dicembre 2014). Vedi https://moldovanpolitics.com/tag/gagauz-referendum-2014/

[26] John R. Haines (16 settembre 2016). Gagauzia: A Bone in the Throat, cit.

[27] Ibid.

[28] Amidst Ukraine Crisis, Turkey Courts Tatars, Abkhaz, and Gagauz in Soft-Power Campaign for Black Sea Dominance (18 maggio 2014), cit.

[29] Nikolas Kozloff (9 aprile 2017). Reflections on Ukraine, Russian Destabilization, Ethnic Separatism, the Gagauz People, a Voyage to Odessa and the So-Called “Bessarabian Republic”, cit.

[30] Ibid.

[31] Amidst Ukraine Crisis, Turkey Courts Tatars, Abkhaz, and Gagauz in Soft-Power Campaign for Black Sea Dominance (18 maggio 2014), cit.

[32] Dan Dungaciu: „Apără-mă, Doamne, de prieteni“: Despre declaraţiile ambasadorului american la Chişinău în zece puncte (Dan Dungaciu: “Proteggimi, o Dio, dagli amici”: Dichiarazioni in dieci punti sull’Ambasciatore americano a Chişinău) (29 agosto 2016). Vedi http://adevarul.ro/international/europa/exclusiv-dan-dungaciu-apara-ma-doamne-prieteni-despre-declaratiile-ambasadorului-american-chisinau-zece-puncte-1_57c44c5b5ab6550cb832935c/index.html.

[33] Dmitrij Kara (4 luglio 2016). Русско-турецкое «потепление», как окно возможностей для Гагаузии: перспективы и риски (Il “disgelo” russo-turco come spiraglio di opportunità per la Gagauzia: prospettive e rischi). Vedi http://budjakonline.md/blogi/3284-russko-tureckoe-poteplenie-kak-okno-vozmozhnostey-dlya-gagauzii-perspektivy-i-riski.html.

[34] Vjacheslav Krachun (9 settembre 2015). Евразийская Гагаузия, как площадка для взаимодействия России и Турции (La Gagauzia eurasiatica come piattaforma per la cooperazione tra Russia e Turchia). Vedi https://regnum.ru/news/polit/1966341.html.

[35] Law on the Special Legal Status of Gagauzia (Gagauz-Yeri) (23 dicembre 1994), Nr.344-XIII, with amendments moved in accordance with Law No. 191-XV of 08.05.2003.

[36] John R. Haines (16 settembre 2016). Gagauzia: A Bone in the Throat, cit.

[37] Oleh Protsyk (2010). Gagauz autonomy in Moldova: the real and the virtual in post-Soviet state design, in Marc Weller and Katherine Nobbs, Asymmetric Autonomy and the Settlement of Ethnic Conflicts, Penn Press, Philadelphia.

[38] Charles King (giugno 1994). Moldovan Identity and the Politics of Pan-Romanianism, cit., pag. 361.

[39] Ufficialmente, Russian Draft Memorandum on the Basic Principles of the State Structure of a United State in Moldova (17 novembre 2003). Vedi https://www.scribd.com/document/192677525/Kozak-Memorandum.

[40] John R. Haines (16 settembre 2016). Gagauzia: A Bone in the Throat, cit.

[41] Ibid.

[42] Ibid.

 

Bibliografia

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