Fuori gli oltranzisti Johnson e Draghi, arriva subito il primo accordo Russia-Ucraina con la mediazione di Erdoğan e sotto l’egida dell’ONU. Sotto scacco la strategia suicida della von der Leyen, l’inefficiente diplomazia dei Paesi europei e il populismo degli analisti geo-politici di alto bordo
di Glauco D’Agostino
La cornice è simbolica: il Dolmabahçe Sarayı, nel Distretto Beşiktaş di Istanbul. Si tratta del Palazzo sede del Califfato dal 1856. Anfitrione, Recep Tayyip Erdoğan, il mediatore per eccellenza, che mette allo stesso tavolo rappresentanti istituzionali e diplomatici russi e ucraini per un accordo sul grano alla presenza del Segretario Generale dell’ONU António Guterres. L’accordo, che segue i colloqui di Istanbul dello scorso 13 luglio, prevede un corridoio sul Mar Nero già a partire dai prossimi giorni dai porti ucraini di Odessa, Čornomors’k e Yuzhne per esportare grano e prodotti agricoli verso i mercati mondiali. Secondo il quotidiano britannico Daily Mail, l’accordo è visto da molti come la prima svolta nel conflitto.
Il Presidente Erdoğan ha affermato: “La guerra finirà al tavolo dei negoziati. Questo è un punto di svolta”. Ha anche aggiunto: “Siamo orgogliosi di essere utili nell’attuazione di un’iniziativa destinata a svolgere un ruolo cruciale nella soluzione della crisi alimentare globale … Gli accordi di oggi ci aiuteranno a contribuire contro la minaccia della fame per miliardi di persone in tutto il mondo”.
Parole di pace. Anzi, non solo parole, ma fatti. Inebetiti gli ultimi guerrafondai d’Europa: la Ursula von der Leyen, perfettamente inutile nel suo ruolo di burocrate, e perfino l’arrogante Stoltenberg, Segretario Generale (più o meno un portavoce) della NATO, che non riesce a valutare il peso del più potente alleato NATO d’Europa. Smentiti entrambi dai fatti, dopo l’uscita di scena dei “falchi” Johnson e Draghi, fautori della guerra ad oltranza. Nessuno di loro ha tenuto il passo della diplomazia USA nei confronti di Russia e Cina, adesso molto diversa dopo i toni aggressivi utilizzati all’inizio della crisi dagli incauti Kamala Devi Harris e Lloyd James Austin III, mandati avanti come si fa con gli ebeti di turno. Anche loro smentiti miseramente rispetto alle esplicite richieste di regime-change a Mosca. Adesso sono i potenti d’Europa a tremare dopo i regime-change a Londra e Roma. Molti di loro rischiano la poltrona e ancora di più sono preoccupati gli oligarchi che prosperano all’ombra degli affari nazionali e internazionali.
Ancora più scandalosa la posizione di molti analisti di geo-politica che si sono cimentati sull’argomento, le cui analisi sono imbarazzanti per il servilismo nei confronti dei rispettivi poteri dominanti. Tra questi, diplomatici di alto rango, generali, professori universitari, giornalisti, conduttori di talk-show, influencer, spogliarelliste e lenoni, tutti uniti nello scambiarsi impressioni su come punire i responsabili della guerra. Ah, dimenticavo ex inquisitori di tribunali internazionali. Tutti uniti nell’invocare maggiori investimenti per spese militari e maggiori sanzioni. Tutti spariti di fronte alla durezza delle conseguenze di quelle sanzioni salvifiche, ma per Mosca. Esiste un tribunale internazionale per sanzionare loro? Chissà se lo sa la gentile signora Carla Del Ponte, sicuramente non imputabile di fronte a tale tribunale nonostante le sue sprezzanti dichiarazioni non richieste.
Gli equilibri internazionali cambiano rapidamente in ragione della velocità del XXI secolo. Ed è divertente osservare lo sconcerto dei camerieri serventi, che passano da un padrone all’altro non capendo chi è il più potente. In Italia, per esempio, un personaggio invocato come Uomo del Destino, cade miseramente per non aver capito il ruolo dominante del Califfo nel Mediterraneo. Nessuno lo aveva avvisato dei nuovi equilibri nella NATO, né il suo politico di lungo corso Ministro degli Esteri, né gli altri espertissimi ministri (i Migliori), né i plurititolati Ambasciatori di rango e via via tutti gli altri. Così, tre giorni dopo la sua visita ad Ankara, anche il banchiere dalla grande reputazione mondiale riceve il benservito per inadeguatezza geo-politica. C’è chi ipotizza che non abbia ricevuto abbastanza sostegno da Zelenskij pronto a mandare la sua delegazione a Istanbul, e quindi ne abbia pagato le conseguenze. D’altra parte, alte istituzioni e tutto il Parlamento italiano, tranne singole eccezioni a titolo personale, pendevano dalle labbra dell’oligarca ucraino, come è noto. Nemesi storica!
Per quanto ci riguarda, rivendichiamo coerenza. Avevamo avvisato che una pace onorevole sarebbe stata una soluzione migliore di una devastante guerra, avevamo individuato da subito il mediatore più credibile per dirimere contrasti regionali che rischiavano di tracimare in conflitti di più ampia portata, avevamo ricordato l’insoddisfazione del Cremlino per l’abbaiare della NATO ai suoi confini (parole del Papa), avevamo indicato le virtù dei compromessi pacificatori come quello del Nagorno-Karabakh e del Sahel. Una linea di pensiero assolutamente alternativa rispetto alla miopia delle posizioni oltranziste e populiste degli affaristi di governo, evidentemente interessati ad armare surrettiziamente pericolosi gruppi terroristi come il battaglione Azov.
Personalmente, possiamo testimoniare la posizione di acquiescenza mantenuta dall’Occidente rispetto alla politica estera russa. Il 28 ottobre 2015, ad un incontro con S.E. Sergej Razov, Ambasciatore di Russia in Italia, organizzato in collaborazione tra Ambasciata di Russia e Pontificia Università Lateranense, sottoponevo al diplomatico la domanda se la Federazione fosse preoccupata dalle reazioni internazionali rispetto alla situazione in Ucraina dopo l’annessione della Crimea e i tumulti in Donbass e in Georgia rispetto all’indipendenza di Abkhazija e Ossezia del Sud. La chiara risposta dell’Ambasciatore era stata che nessuna reazione preoccupante risultava sul piano internazionale rispetto alle situazioni presentate, il che testimoniava l’accettazione della comunità internazionale rispetto allo stato di fatto. Risposta diplomatica? Certo, come da prassi. Ma senz’altro molto vicina alla realtà che si inquadrava tra le conseguenze dell’annuncio di “un’opzione per un attacco nucleare preventivo” manifestata dalla NATO (https://www.islamicworld.it/wp/ucraina-se-zelenskij-capisce-di-essere-strumento-occidentale-e-chiede-di-parlare-con-putin/) e dell’aggressivo Summit NATO di Bucarest del 2008 che accoglieva “le aspirazioni euro-atlantiche di Ucraina e Georgia”.
Da allora molta acqua è passata sotto i ponti. Soprattutto il nuovo ruolo geo-politico della Turchia acquisito dopo il tentato colpo di stato del 2016. Erdoğan ha compreso come il ruolo ambiguo dei Paesi occidentali alleati rispetto a quel tentato golpe consigliasse un autonomo ruolo all’interno della NATO che consentisse un’apertura verso Mosca in quanto avversario aperto al compromesso. Così nel Caucaso, così in Siria, così nel Sahel. E oggi in Ucraina.
Tutto in Europa avviene entro l’ambito NATO, come è ovvio. È solo un’opzione, che ogni Stato deve potersi consentire in virtù della propria forza e della capacità diplomatica. Gli altri hanno molto da imparare. Starci da protagonisti o da camerieri? Ecco spiegata la moria di camerieri!