L’opposizione eritrea ha pubblicato dettagli su un nuovo porto egiziano, ma in Etiopia sono emersi interrogativi sulle vere motivazioni del Cairo per il costosissimo progetto dell’infrastruttura
Elaborazione da fonti: TheNewArab, 29 April, 2017; Tesfa-Alem Tekle, in Sudan Tribune, Tuesday 18 April 2017
Il 17 aprile scorso rappresentanti dell’Organizzazione Democratica Afar del Mar Rosso, un gruppo eritreo d’opposizione per l’auto-determinazione del popolo ʿĀfār, hanno affermato che Asmara avrebbe permesso al Cairo di acquisire per un periodo indefinito una base militare all’interno del territorio eritreo, presumibilmente a Nora, un’isola poco popolata a largo della costa della penisola di Dahlak.
L’accordo, ha inoltre detto l’Organizzazione, sarebbe stato siglato ad Asmara (nella foto sopra) due settimane fa durante la recente visita egiziana ad alto livello, ma forse sarebbe stato discusso nel corso di un incontro al vertice anche in precedenza. Secondo quanto detto dai funzionari del gruppo, alla base pianificata sarà schierato personale militare della Marina egiziana stimato tra 20.000 e 30.000 uomini.
Portavoci del governo egiziano non hanno risposto alle richieste di commento.
Come era già stato anticipato e sempre che sia vero, l’Egitto sarebbe il primo Paese dell’Africa e il terzo Paese arabo a costruire una struttura militare nell’appartata nazione dell’Africa Orientale, attualmente sotto sanzioni delle Nazioni Unite per armamento e finanziamento a Hizbul Shabaab, un gruppo ritenuto alleato di al-Qāʿida. Recentemente i leader egiziani avevano riferito di essere impegnati in sforzi diplomatici per accordare ai Paesi della regione (tra cui Somalia, Somaliland e Djibuti) una base militare e commerciale su un’area da loro selezionata. Nessuno degli sforzi del Cairo sembra aver avuto successo, spingendo il gruppo dell’opposizione a rivelare questa questione.
Tuttavia, rimangono interrogativi sulla sostenibilità del progetto, visto che l’isola di Nora (appartenente all’Arcipelago di Dahlak, foto sotto relativa all’isola Dahlak Kebir) è prevalentemente inospitale e il progetto richiederà la costruzione di infrastrutture per miliardi di dollari. Un progetto di ricerca sullo sviluppo, elaborato dalla Commissione Europea nel 2011, ha rilevato che sull’isola è stato necessario installare un costoso impianto di desalinizzazione per fornire acqua potabile pulita alle 66 famiglie per complessivi 373 abitanti (vedi European Commission – EU Delegation to the State of Eritrea – Non-State Actors in Development Actions in partner countries (Eritrea), November 2010, Update March 2011).
I piani riportati hanno fatto arrabbiare l’Etiopia, un nemico regionale sia per l’Egitto sia per l’Eritrea. Addis Abeba ha accusato entrambi di aver alimentato la discordia in Etiopia con il loro sostegno all’ondata di proteste del 2016, che ha sconvolto l’economia del Paese.
L’Eritrea è un nemico di lungo periodo dell’Etiopia, perché i due Paesi hanno combattuto una guerra tra il 1998 e il 2000 che, secondo stime, ha ucciso oltre 70.000 persone, e si sono ancora affrontati in un nuovo conflitto di frontiera nel 2016.
Alcuni politici etiopi sostengono che il crescente interesse dell’Egitto ad assicurarsi incursioni militari nel Corno d’Africa si proponga di frenare l’imponente progetto idroelettrico etiope, poiché Il Cairo teme che il multi-miliardario progetto della diga in costruzione lungo il Nilo (vicino alla sua sorgente negli altopiani etiopi) diminuisca i contributi idrici storici all’Egitto e si ripercuota sull’agricoltura del Paese nordafricano.
L’Egitto ha condotto una lunga campagna contro questa diga. Il Presidente Sīsī (a destra nella foto d’apertura) si era incontrato a dicembre al Cairo con quello eritreo Isayas Afewerki (Presidente nazionalista del Fronte Popolare per la Democrazia e la Giustizia, al potere dalla fondazione dello Stato nel 1993) per concordare una reazione congiunta alla nuova diga.
Redda Mulgeta, membro del Fronte Democratico Rivoluzionario del Popolo Etiope (la coalizione marxista-leninista al governo, che con i suoi alleati detiene tutti i 547 seggi della Camera di Rappresentanza del Popolo), ha dichiarato al Sudan Tribune che la ragione del nuovo progetto navale è chiara. “Il motivo per i leader egiziani di avere una base militare sul suolo della rivale Eritrea è quello di sabotare la costruzione del progetto etiope dell’enorme diga, sostenendo elementi anti-etiopi sponsorizzati dall’Eritrea e il gruppo militante somalo alleato di al-Qāʿida“, ha detto Mulgeta, riferendosi al gruppo ribelle islamista somalo Hizbul Shabaab. “L’Egitto sta cospirando con l’Eritrea per costringere l’Etiopia a impegnarsi in una guerra per procura con la nemica Eritrea, con i locali gruppi armati di opposizione e, in più, con gli Shabaab“, ha aggiunto.
Secondo i precedenti rapporti ONU, l’Eritrea ha già affittato la sua città portuale di ʿAsäb all’Arabia Saudita e agli Emirati Arabi Uniti per stabilirvi basi militari in appoggio alla battaglia da loro condotta contro i ribelli Ḥūthi nello Yemen. L’Eritrea aveva precedentemente respinto ogni illazione in tal senso. Ma l’Etiopia, preoccupata per la presenza militare saudita e degli Emirati in Eritrea, ha messo in guardia i due Paesi arabi dal sostenere quello che ha detto essere “una lunga agenda di destabilizzazione di Asmara contro l’Etiopia”.
Nel corso degli ultimi anni si è assistito a una grande escalation militare nel Mar Rosso e al largo del Corno d’Africa, dovuto in parte all’accelerazione del programma navale dell’Iran e alla sua ricerca di basi navali straniere. Fra i Paesi che hanno incrementato la loro potenza militare nella regione ci sono anche l’Arabia Saudita e la Turchia e quest’ultima ha recentemente inaugurato in Somalia il suo centro militare all’estero più grande di sempre.