Il Presidente “pacifista” inizia il suo mandato all’insegna della contrapposizione. Il suo motto è “contro”. Preoccupato della incerta leadership delle democrazie in materia tecnologica e di controllo dei commerci mondiali, si affida a consunti slogan di 80 anni fa. All’insegna del nuovo. L’ultima trovata: la New Atlantic Charter, che sottoscrive con la Gran Bretagna, infischiandosene dell’Unione Europea. E l’UE che fa? Attende ordini. Si allinea a prescindere, prima che gli ordini arrivino. Tanto, è cominciata la “fiesta”. E finché “se magna”…
di Glauco D’Agostino
Voglio premettere che sono un grande ammiratore di Biden. Lo considero il mio maestro. Cosa insegna il quasi ottuagenario Presidente? Primo, che bisogna individuare il nemico prima che gli amici. Questi verranno di conseguenza, perché costretti a farlo dalla bipolarità delle opzioni. Secondo, il mondo non cambia, non vi è alcun progresso come insegna la sinistra mondiale. E quindi è meglio adottare le formule che già 80 anni fa hanno avuto successo. Chi scrive ci aveva creduto fin da giovane, quando, al contrario dei rampanti giovanotti borghesi del ’68, aveva idealmente sostenuto gli Stati Uniti d’America impegnati nella guerra anti-comunista in Vietnam e, naturalmente, era andato incontro alle contumelie e alla violenza dei “pacifisti” di tutto il mondo. Loro sì che erano democratici con le chiavi inglesi pesanti da metalmeccanico.
Cade il Muro di Berlino, l’Unione Sovietica si disintegra, il Comunismo ha ormai le armi spuntate. Joe aveva all’epoca 47 anni, non proprio di primo pelo. Ma forse non se lo ricorda. Quel che è peggio è che tutti i veterani comunisti e i loro eredi oggi plaudono a Joe. Non solo, ti danno lezione di democrazia e biasimano il tuo comportamento anti-americano. Anti-americano io? E il Vietnam? Come la mettiamo? È acqua passata, chi se lo ricorda più! Meglio tornare al 1941, quando gli Stati Uniti, non ancora entrati in guerra, imponevano all’attenzione “occidentale” l’Atlantic Charter, e allo stesso tempo preparavano l’entrata nel conflitto a fianco dell’amica Unione Sovietica. Alcuni anni dopo, cavalcava la guerra fredda contro Mosca. Ecco la parola magica. Contro. L’importante è essere contro qualcuno. Grande Joe. Il futuro!
In Cornovaglia, l’amico Joe ci riprova. Una genialata! Una New Atlantic Charter è ciò che ci vuole. Un documento d’intesa strategica. Tanto, le scorrettezze verso l’amico turco sotto attacco di un colpo di stato chi se le ricorda più? Con chi sottoscrivere lo statement preliminare? L’amico Boris [foto sotto] è sempre disponibile, specialmente dopo la Brexit. E Bruxelles? Che si arrangi. Basta un endorsement sull’Irlanda e tutto si placa. Lui scommette con i critici dentro l’Amministrazione che Berlino, Parigi, Roma e i loro seguaci non batteranno ciglia. Ci saranno mugugni, certo. Ma chi contrasterà il Capo indiscusso e la sua assertività? Lui parla in nome della democrazia…
Tutto si risolve con un assunto. Tutto quello che proviene da Mosca e Pechino è falso per definizione. Pura propaganda. Ma se la notizia o il giudizio (sempre definitivo) giunge dalla CIA, dalle società di ratings (tutte americane), da Wall Street (americana), dai social networks (tutti americani), dai broadcasting dell’informazione (quasi tutti americani), dal bottegaio della Fifth Avenue (purché sia Americano ma WASP), allora nessuno potrà opporsi. Sarebbe un sovversivo.
Ecco l’America di Joe. Diversa da quella di Donald? Perché dovrebbe esserlo? Ricordate gli insegnamenti? Individuare il nemico prima che gli amici; e il mondo non cambia.
La New Atlantic Charter cita al prima punto la difesa delle “open societies”. Quali, quelle delle sanzioni e dei muri con il Messico da costruire? Al secondo punto, the “rules-based international order”. Quale, quello di Gerusalemme capitale illegale di Israele, degli insediamenti ebraici in Cisgiordania, delle Alture del Golan occupate da Tel Aviv e riconosciute territorio israeliano, del Kashmir incorporato dall’India? Al terzo punto si richiama l’opposizione verso “interference through disinformation or other malign influences”. Quale disinformazione, quella riguardante le molteplici guerre in cui gli Stati Uniti sono coinvolti sotto l’egida delle missioni “anti-terrorismo”? E, sempre al terzo punto, si richiama the “lawful uses of the seas”, quando i mari del mondo sono infestati dalla presenza di straordinarie portaerei militari americane che vigilano affinché the “international Western order” sia rispettato. Al quarto punto si sostiene l’uso delle tecnologie “to support democratic values”, confondendo l’affidamento scientifico (universale) con principi etico-politici (parziali e spesso strumentali). Al quinto punto si propone che la NATO “will remain a nuclear alliance” come contrasto al pericolo nucleare. Il sesto punto propugna addirittura “fight corruption and illicit finance”. Meglio sospendere il giudizio per non turbare i sogni degli Iraqeni e degli Afghani.
Insomma, nobili principi da sottoscrivere. Ma la prova in tutti questi campi non la devono fornire Mosca e Pechino. In fondo, secondo Washington, queste non sono democrazie e noi tutti dovremmo essere impegnati contro di loro in nome dei principi sopra esposti. Solo che la prova, caro Joe, la devi dare tu e la tua Amministrazione; e questa volta il giudice non sei tu, che così ti proponi gonfiando il petto e chiamando alla guerra fredda. Il giudice è il mondo, che ti guarda, valuta i fatti e istruisce il processo secondo “the rule of law”. Il mondo chiede pace e diffida di chi chiama alla guerra. Anche di chi lo fa in nome della democrazia, sempre che la pace preceda la democrazia nella gerarchia delle priorità. Non mi pare che i governi degli Stati Uniti degli ultimi 104 anni siano stati dello stesso avviso e si siano comportati di conseguenza.
Chiudo mentre scorrono le immagini provenienti dalla Cornovaglia. Un mio amico italiano, forse poco attendibile, mi informa che l’Italia del Ragioniere è rimasta estasiata dalla sicurezza messa in atto nell’estrema punta occidentale dell’Inghilterra, dove nessuno può facilmente arrivare per contestazioni ad una matura democrazia o roba sovversiva del genere. E, dice lui, qualcuno già pensa che il vertice G20 del prossimo ottobre sarebbe meglio tenerlo su qualche montagna della Luna piuttosto che a Roma. Almeno lì saremo sicuri che ci saranno solo gli Americani. E dopotutto, bastano loro. Che c’entrano Mosca e Pechino? Un altro mio amico francese mi dice che Macron sarebbe preoccupato della situazione mondiale. Non tanto per le pratiche scorrette di Huawei. Solo perché qualcuno gli avrebbe detto una frase terrorizzante: “Montjoie ! Saint Denis !”.