by Daniel Eizenga*
Libera traduzione da: The Washington Post, December 6, 2015
Il 29 novembre il Burkina Faso ha celebrato elezioni presidenziali e legislative che hanno significato un cambio di direzione nel recente contesto politico tumultuoso del Paese.
Negli ultimi 18 mesi il Burkina Faso ha sperimentato sia manifestazioni popolari che hanno condotto all’estromissione dell’ex Presidente sia ad un tentativo di colpo di stato contro il governo provvisorio. Roch Marc Christian Kaboré (nella foto sopra) ha vinto la campagna presidenziale e il suo partito ha conquistato la maggioranza relativa, ma non la maggioranza assoluta dei seggi in Parlamento. La vittoria di Kaboré è storica, in quanto è la prima volta dal 1966 che un Presidente sale al potere nel Paese senza un colpo di stato militare. Kaboré è anche il primo candidato non in carica nella storia del Burkina Faso a vincere un’elezione presidenziale.
Oltre 3 milioni di cittadini – poco più del 60 per cento degli elettori registrati – sono andati alle urne nelle elezioni del 29 novembre e, secondo i risultati preliminari annunciati dalla Commissione Elettorale (conosciuta con il suo acronimo francese CENI), Kaboré ha vinto la campagna presidenziale con il 53,49 per cento dei voti. Avendo ottenuto una netta maggioranza, Kaboré non dovrà competere in un ballottaggio. Il suo rivale principale durante la campagna, Zéphirin Diabré, ha ricevuto il 29,65 per cento. I restanti 12 candidati alla Presidenza si sono divisi il resto del voto, con il maggiore che ha raggiunto poco più del 3 per cento dei voti.
Le elezioni hanno segnato la prima volta da decenni che l’ex Presidente Blaise Compaoré (nella foto sotto) non compariva sulla scheda elettorale. Compaoré assunse il potere nel 1987 a seguito di un colpo di stato militare che ha portato all’assassinio dell’iconico Presidente rivoluzionario del Burkina Faso, Thomas Sankara.
Divenuto Capo dello Stato nel 1987, Compaoré ha guidato una transizione politica che ha stabilito elezioni multipartitiche. Ha continuato a vincere le elezioni presidenziali nel 1991, 1998, 2005 e 2010. Il suo partito politico, il Congresso per la Democrazia e il Progresso (CDP), ha vinto anche la maggioranza assoluta all’Assemblea Nazionale in ogni elezione legislativa tenuta dopo che Compaoré aveva assunto il potere.
Dopo la sua rielezione nel 2010, Compaoré e il CDP cominciarono a cercare modi per modificare il sistema elettorale, affinché Compaoré fosse ammissibile nuovamente nel 2015. Queste manovre scatenarono diffuse manifestazioni e proteste nel corso del 2013 e 2014. La decisione di Compaoré di chiedere un altro mandato ha diviso anche il suo partito. All’inizio di gennaio 2014 Kaboré – affiancato da oltre 75 membri del CDP – rassegnò le dimissioni e creò un nuovo partito politico: il Movimento Popolare per il Progresso (conosciuto con il suo acronimo francese MPP).
Kaboré e l’MPP si aggiunsero all’allora leader dell’opposizione politica, Diabré, e al suo partito Unione per il Progresso e il Cambiamento (UPC), nell’impedire che il CDP e Compaoré modificassero la Costituzione. Assieme ad un massiccio movimento guidato dalla società civile, gli sforzi per evitare modifiche ai limiti del mandato presidenziale culminarono in una rivolta popolare a ottobre 2014, durante la quale l’Assemblea Nazionale fu data alle fiamme e i manifestanti raggiunsero l’emittente nazionale. Le proteste costrinsero Compaoré a dimettersi.
In questo contesto, i militari presero brevemente il controllo del Paese, prima di cedere il potere ad una transizione politica guidata da civili, con il compito di organizzare le più recenti elezioni. La transizione ha affrontato numerosi ostacoli nel corso dell’ultimo anno. In particolare, l’ex guardia presidenziale – un’unità d’élite delle forze armate fedele a Compaoré e ai suoi sostenitori – organizzò un colpo di stato a settembre.
Tuttavia, i cittadini burkinabé scesero ancora una volta in piazza per sostenere il governo di transizione. Il colpo di stato fu rovesciato dopo una settimana, quando l’esercito regolare, riconoscendo che il sentimento popolare contro il colpo di stato era schiacciante, chiese la resa e il disarmo della guardia presidenziale.
Il fallito colpo di stato ha ritardato le elezioni originariamente previste per l’ 11 ottobre, ma alla fine il governo di transizione è riuscito a organizzare quelle che sono ora riconosciute come “le elezioni più libere e belle di sempre” in Burkina Faso. Gli osservatori internazionali di Unione Europea, ECOWAS dell’Africa Occidentale e Unione Africana si sono aggiunti a migliaia di osservatori elettorali locali della società civile nel constatare che le elezioni si sono svolte solo con qualche irregolarità.
Come segno forse ancora più incoraggiante, quasi tutti i candidati presidenziali si sono congratulati con il Presidente eletto entro 24 ore dai risultati preliminari del CENI. Durante il governo di Compaoré i partiti di opposizione spesso hanno boicottato le elezioni presidenziali e i risultati sono stati spesso contestati. Al contrario, le elezioni più recenti indicano un aumento della trasparenza elettorale nel Paese, il che rafforza senza dubbio la fiducia nel processo elettorale sia degli elettori sia dei candidati.
Tuttavia, resta da vedere la misura in cui Kaboré e l’MPP romperanno con il passato. Alcuni analisti ritenevano che, a seguito dell’insurrezione popolare, per determinare l’esito delle elezioni presidenziali sarebbe stato necessario un secondo turno. Di conseguenza la capacità di Kaboré di conquistare la maggioranza assoluta al primo turno è venuta un po’ a sorpresa.
Kaboré e tutti i leader dell’MPP hanno giocato un ruolo attivo nel vecchio regime fino alle loro dimissioni dal CDP del 2014. Inoltre, la loro piattaforma politica durante la campagna differiva a malapena dalle politiche passate del CDP. Perciò Diabré e l’UPC hanno condotto una campagna sull’idea che essi rappresentavano un cambiamento sostanziale rispetto al passato. Mentre questa strategia non ha pagato nella corsa presidenziale, sembra aver avuto un impatto nella campagna per i seggi nell’Assemblea Nazionale.
L’MPP non è riuscito ad ottenere la maggioranza assoluta nell’Assemblea Nazionale, avendo conquistato 55 dei 127 seggi. L’UPC è arrivato secondo con 33 seggi, e il CDP ha dimostrato il suo costante sostegno elettorale in tutto il Paese, aggiudicandosi 18 seggi. I restanti 21 seggi sono stati suddivisi tra 11 altri partiti.
Nei prossimi mesi l’MPP – visto in gran parte come una continuazione del precedente regime – dovrà affrontare una sfida che il CDP non ha mai sperimentato. In Parlamento l’MPP dovrà formare una coalizione politica per attuare un programma legislativo efficace. Questo potrebbe rivelarsi difficile. L’UPC assumerà quasi certamente il ruolo di leader dell’opposizione politica e sarà probabilmente affiancato da molti dei partiti minori dell’Assemblea Nazionale. È improbabile che il CDP formi un’alleanza con l’MPP.
Queste elezioni hanno consolidato una forte frattura tra l’MPP e il CDP. Durante la transizione politica l’MPP ha sostenuto la riforma del sistema elettorale, affinché i singoli uomini politici che appoggiavano Compaoré e il tentativo del CDP di modificare la Costituzione fossero esclusi dalle elezioni del 2015. Il recente successo elettorale dell’MPP ha anche fatto affidamento su risorse umane e finanziarie che avevano acquisito durante il loro mandato con il CDP. Di conseguenza, anche se le loro piattaforme politiche rimangono quasi identiche, l’MPP e il CDP sono in competizione sulla stessa base elettorale, consolidando i due partiti come avversari politici.
Poiché Kaboré e l’MPP decidono sul loro governo, l’inclusione e l’omissione di politici di altri partiti aiuteranno a chiarire quali alleanze politiche si stanno formando. Ma una cosa è chiara: la politica burkinabé sarà più competitiva. L’epoca di Blaise Compaoré con un unico partito dominante è giunta al termine. Molti degli attori politici possono restare gli stessi, ma le strategie che utilizzano per governare si evolveranno.
* Daniel Eizenga is a research associate with the Sahel Research Group and a doctoral candidate in the department of political science at the University of Florida. He is currently based in Ouagadougou, Burkina Faso, conducting research.