Asia Centrale – Il Ramaḍān evidenzia carenze di libertà religiosa

Elaborazione da fonte: Amanda Lanzillo, in GlobalRiskInsight, August 8, 2013

Il mese sacro del Ramaḍān pone in evidente rilievo le sfide per la libertà religiosa nelle ex repubbliche sovietiche dell’Asia Centrale. In particolare, questo anno in Uzbekistan il governo ha cercato di impedire ai dipendenti statali di esercitare in pubblico i pasti dell’Iftar (l’interruzione del digiuno), ordinando loro di tornare immediatamente a casa dopo il lavoro. L’Uzbekistan, come un certo numero di suoi vicini, ha anche monitorato e limitato l’accesso alle preghiere del venerdì durante il Ramaḍān. I problemi, più evidenti in Uzbekistan, affliggono anche i Paesi vicini, che spesso contrastano le minacce dell’estremismo con controllo troppo zelante o restrizioni alla pratica religiosa.

Il crollo dell’Unione Sovietica ha portato ad una breve rinascita dell’espressione religiosa in diversi Stati dell’Asia Centrale. Tuttavia, in particolare dopo l’11 settembre, gli Stati eredi dell’URSS in Asia Centrale hanno usato lo spettro del fondamentalismo religioso come pretesto per impedire agli individui ed ai gruppi religiosi di partecipare alla vita politica o di sostenere una maggiore libertà religiosa.

Il Tadzhikistan, che vanta il solo partito islamista legale in tutta l’Asia Centrale ex sovietica, in termini di sfide alla pratica religiosa attorno al Ramaḍān se la cava leggermente meglio rispetto al suo vicino. L’anno scorso ha iniziato l’applicazione della sua famigerata politica “nessun bambino nelle moschee” nell’ultimo giorno di Ramaḍān. La legge vieta ai minori di frequentare la Moschea, anche se accompagnati dai genitori, e punisce i genitori stessi qualora consentano ai figli minorenni di frequentarla.

Questa norma è solo un esempio illustrativo del tentativo del regime attuale di contrastare la minaccia percepita alla sicurezza con leggi che sono in gran parte inefficaci e chiaramente calpestano le libertà individuali. Allo stesso modo, i recenti tentativi da parte del governo tadzhiko di soffocare la partecipazione politica di Hizbi Nahzati Islomii Tojikiston (Partito Islamico della Rinascita, nella foto il suo logo), l’opposizione islamista legale, così come i tentativi di monitorare e controllare il sermone nelle moschee, servono solo ad allontanare le voci religiose dal Tadzhikistan.

La sorveglianza e i tentativi di controllare la predicazione nelle moschee sono un problema in tutta la regione, in particolare in Uzbekistan, Tadzhikistan e Türkmenistan. Mentre i problemi persistono durante tutto l’anno, diventano più importanti durante il Ramaḍān, in cui un numero maggiore di cittadini è impegnato attivamente e pubblicamente nella tradizione religiosa.

I tentativi del Türkmenistan di controllare l’Islam sono forse i più gravi. Il Paese ha sviluppato una gerarchia religiosa ufficialmente riconosciuta, i cui membri aderiscono a ideologie nazionaliste che promuovono durante le prediche. Mentre i tentativi del Türkmenistan di controllare l’esercizio religioso non sono particolarmente intensificati durante il Ramaḍān, negli anni passati il Paese ha cercato di controllare un altro obbligo religioso dei Musulmani, l’Ḥājj. Nel 2009 il Türkmenistan, apparentemente preoccupato per l’influenza suina, non ha consentito a nessun suo cittadino di fare il Santo Pellegrinaggio alla Mecca. Da allora il governo ha centellinato i permessi individuali per compiere l’Ḥājj, inviando soltanto 188 cittadini nel 2010, rispetto alle dimensioni analoghe di 4.500 pellegrini censiti in Kyrgyzstan.

Anche il tentativo del Tadzhikistan di costruire la più grande Moschea del mondo indica che i leader della regione sperano di neutralizzare il ruolo della religione, portandolo sotto il controllo statale. Concentrando il potere religioso nella capitale in una “mega-Moschea”, che finirà per accogliere fino a 150.000 persone, le autorità del Tadzhikistan sperano di esercitare un maggiore controllo su come i religiosi e i loro leader influenzano i Musulmani del Paese.

Mentre questa settimana i Musulmani in tutta la regione completano la loro celebrazione del Ramaḍān, la dirigenza degli Stati ex sovietici dell’Asia Centrale continua a trovare nuovi metodi per limitare e monitorare l’espressione religiosa. Sembra probabile, tuttavia, che l’aumentata repressione delle concezioni religiose servirà solo ad allontanare i leader musulmani dalla regione e potrà alla fine rivelarsi controproducente, portando ad un aumento, piuttosto che alla soppressione, dell’estremismo religioso.

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