Libera traduzione da: Daily Sabah, May 19, 2020
Il Pakistan ha detto martedì che una nuova legge sulla residenza introdotta nel Jammu e nel Kashmir amministrato dall’India è “illegale e contravviene” al diritto internazionale.
Islāmābād ha definito la mossa di Nuova Delhī un tentativo di cambiare l’assetto demografico della contesa regione himalayana e ha chiesto che l’India sia ritenuta responsabile per la violazione delle leggi e degli accordi globali.
“Il Pakistan condanna fermamente e respinge completamente i tentativi del governo indiano di deprivare ulteriormente la popolazione di Jammu e Kashmir occupato dall’India attraverso la Concessione del Certificato di Domicilio in Jammu e Kashmir (Procedura), 2020“, ha affermato il Ministero degli Esteri.
Ha affermato che la nuova legge “è illegale e in palese violazione delle pertinenti risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (UNSC), del diritto internazionale, compresa la 4a Convenzione di Ginevra, e degli accordi bilaterali tra Pakistan e India”.
La controversa legge, notificata lunedì da Nuova Delhī, prescrive la procedura per il rilascio di un certificato di domicilio, requisito obbligatorio per cercare lavoro nella regione.
Tuttavia, i critici, incluso il Pakistan, affermano che è una continuazione dell’iniziativa dell’India iniziata ad agosto dello scorso anno, tesa a revocare lo status semi-autonomo della regione, e che apre la strada all’insediamento di stranieri nel territorio conteso.
Secondo la nuova legge, i non residenti che posseggono i requisiti, assieme alle persone che hanno vissuto nel Kashmir amministrato dall’India per 15 anni o che hanno studiato per sette anni in una scuola locale, possono richiedere il certificato.
La dichiarazione afferma che la legge sul domicilio “mira a cambiare la struttura demografica” del Kashmir ed è parte dei tentativi indiani di impedire al Kashmir di esercitare “il proprio diritto all’autodeterminazione attraverso il plebiscito libero e imparziale secondo le pertinenti risoluzioni dell’UNSC”.
“Ribadiamo che tali passi non possono né cambiare la controversa natura di Jammu e Kashmir riconosciuto come tale dalle Nazioni Unite e dalla comunità internazionale, né possono pregiudicare il diritto inalienabile all’autodeterminazione del popolo del Kashmir”, ha aggiunto la nota.
Il Pakistan ha affermato che il momento dell’iniziativa è “particolarmente riprovevole” nel contesto della pandemia di COVID-19 e ha dichiarato che è “inaccettabile” per il popolo del Kashmir.
La dichiarazione afferma che il Kashmir continuerà a opporsi ai tentativi di “espropriarli della loro terra, emarginarli politicamente ed economicamente e privarli della loro distinta identità”.
“Le Nazioni Unite e la comunità internazionale devono agire immediatamente per impedire all’India di cambiare la demografia e la distinta identità della … [regione contesa] e ritenere l’India responsabile delle persistenti violazioni del diritto internazionale”, si legge nella nota.
Il Kashmir è detenuto in parte dall’India e in parte dal Pakistan e rivendicato da entrambi per intero. Un piccolo frammento del Kashmir è anche controllato dalla Cina.
Da quando furono divisi nel 1947, i due Paesi [l’India e il Pakistan, N.d.T.] hanno combattuto tre guerre, nel 1948, nel 1965 e nel 1971, due delle quali per il Kashmir.
Alcuni gruppi kashmiri in Jammu e Kashmir hanno combattuto contro il governo indiano per l’indipendenza o l’unificazione con il vicino Pakistan.
Secondo diverse organizzazioni per i diritti umani, dal 1989 migliaia di persone sarebbero state uccise per il conflitto nella regione.