di Glauco D’Agostino
Il Presidente Erdoğan vince ancora la sfida al pensiero unico sul piano della democrazia. La Turchia si dimostra l’affidabile partner democratico della NATO che, in barba al resto della propaganda occidentale, si propone come interlocutore autorevole rispetto alla Russia. È il senso dell’atteggiamento diplomatico che si contrappone alla volgarità delle ideologie. Il popolo turco si dimostra maturo per comprendere la realtà del proprio ruolo rispetto al gioco geo-politico in atto.
Sì, perché il voto di oggi è manifestazione di consapevolezza del significato storico dell’esistenza di una Turchia islamica protagonista e non di vassallo di una semplice alleanza militare. Una grande lezione per chi si affida alle veline di Washington per determinare la propria politica estera e alle velleità di Bruxelles per consolidare la propria politica espansionista. Questione di attributi e questi attributi derivano dalla Storia e dall’orgoglio di rappresentare una vicenda che viene da lontano. Si chiama consapevolezza della Tradizione. Ma come raccontarlo ai partner occidentali imbevuti di successi economici e militari?
Pensate. Erdoğan vince in piena recessione economica e con una svalutazione a doppia cifra della propria moneta che è difficile da quantificare, in quanto legata alla stima giornaliera. Cosa significa questo? Che le prospezioni dei super-titolati analisti non sono attendibili. Non è l’economia che fonda l’unità di un popolo, ma la percezione della propria identità culturale che sfida i secoli e non dipende dalla determinazione dei Trattati, che invece forgiano i confini degli Stati e il destino dei popoli.
Il sogno ottomano è naturalmente una prospezione ideale di chi scrive e che non corrisponde minimamente alla realtà sul campo. Ma è proprio questo il problema. Il termine “ottomano” riferito alla politica estera della Turchia di Erdoğan non è stata evocata dal sottoscritto, ma da tutti i detrattori del Presidente, alleati o meno, che ne volevano fiaccare la lungimiranza. Oggi i veri sconfitti non sono gli elettori dell’opposizione a Erdoğan, perché legittimamente hanno esercitato il diritto di voto costituzionalmente loro attribuito, ma tutti i propagandisti falsamente titolati, come quegli analisti che hanno voluto attribuire al Capo dello Stato il titolo di Califfo, come fosse un attributo dispregiativo.
Allora, seguendo la logica dei super-titolati analisti, oggi bisogna riconoscere che il Califfo ha trionfato sul piano democratico. Un duro smacco per l’Occidente ideologico, che oggi ha un solo compito da assolvere: dare il ben servito ai suoi consiglieri per non aver compreso i fondamenti del consenso. L’identità non si compra con le prebende. Ci vuole ben altro…