Gli oligarchi USA, privi di sanzioni, mordono il freno. Che guadagnano da un’accusa di “crimini di guerra” contro loro simili di altri Paesi?
di Glauco D’Agostino
Ci è simpatica, lo ammetto. L’ex procuratore di origini tamil sembrava la personalità giusta per opporsi alle follie di Trump e, ancora prima alle primarie, per impedire l’ascesa dell’oligarca Biden. Per la verità, maggiori simpatie suscitava Tulsi Gabbard, la deputata democratica di origini samoane di cui abbiamo già ricordato in altro articolo le sue esternazioni sull’interesse americano all’invasione russa dell’Ucraina.
Ma comprendiamo l’imbarazzo della gentile Harris nel dovere svolgere il lavoro sporco che l’oligarca alla Casa Bianca le assegna. E tuttavia il simpatico Joe risulta più moderato della simpatica Kamala, perché mentre Joe appare equilibrato e pacifista nel negare la vendita di aerei polacchi all’Ucraina, alla povera Kamala dalla Polonia non resta che giocarsi la carta dei “crimini di guerra”. È il gioco delle parti, si sa. Solo che la figura dell’inconsistente la fa lei.
Pare che la cosa non sia piaciuta molto ad Obama, perché, viste le cattive acque in cui versa Washington nel gioco mondiale delle potenze, anche lui potrebbe finire nel mirino delle varie magistrature penali internazionali. Senza contare il fatto che, sul piano interno, qualcuno potrebbe contestargli la violazione del Quinto emendamento della Costituzione degli Stati Uniti d’America per aver ordinato l’assassinio dei cittadini americani Samir ibn Zafar Khan, di origine saudita, e dell’Imām Anwar al-Awlaki, di origine yemenita, “senza rappresentazione o un atto d’accusa di un Gran Giurì”, così come prescrive la Costituzione. Queste considerazioni non vogliono dare un giudizio negativo su Obama (non è il tema), cui è da riconoscere il raggiungimento di almeno due chiari obiettivi della sua politica estera (vedi mia analisi del 2016) con l’apertura a due Paesi considerati storici oppositori degli Stati Uniti: la Repubblica Islamica dell’Iran e Cuba. E tuttavia, come ci ricorda il Los Angeles Times (che non è pubblicato a Tehrān), “He launched airstrikes or military raids in at least seven countries: Afghanistan, Iraq, Syria, Libya, Yemen, Somalia and Pakistan”. Insomma, un Nobel per la Pace non proprio pacifista, anche se, secondo la metodologia della zelante Harris, sarebbe da verificare la possibilità di “crimini di guerra” negli attacchi aerei o incursioni militari. Forse non è proprio il caso di sollevare simili argomenti quando il 95% delle operazioni militari dalla fine della seconda guerra mondiale, sono state lanciate dagli Stati Uniti.
Pare che a Washington la tensione sia alta e nell’Amministrazione non ci sia unanimità. Il sistema scricchiola. Gli oligarchi, privi di sanzioni, mordono il freno. Che guadagnano da un’accusa di “crimini di guerra” contro loro simili di altri Paesi? E i politici, democratici e repubblicani, temono di poter finire sotto le grinfie di qualche giudice internazionale “pazzo” (è possibile anche per i magistrati, non solo per Putin), viste le violazioni dei diritti umani compiute da Guantánamo in poi. A proposito, Guantánamo è ancora lì, sotto non si sa quale giurisdizione.
I presunti “crimini di guerra” in Ucraina che tanto indignano la Harris cancellano le infamie di Hiroshima e Nagasaki? La Harris e l’Amministrazione avrebbero serie difficoltà se al democratico Truman, in mancanza di una condanna impossibile oggi, venisse comminata una “damnatio memoriae” storica. La Storia ci interessa più dei tribunali. Se si invocano i tribunali, bisogna avere la coscienza a posto anche sul piano diplomatico. Quale Tribunale internazionale intende adire l’ex procuratore Harris? Né gli Stati Uniti, che invocano condanne, né la Russia, la presunta inquisita, hanno ratificato il trattato che ha istituito la Corte Penale Internazionale. Come mai, come mai?
Attenzione ad invocare giustizia presso i tribunali! In genere, chi vince le guerre istituisce un Tribunale Militare Internazionale per compiere le sue vendette. Bisogna saperlo fare. E a Norimberga gli Alleati Russi c’erano, ma tra gli inquisitori!
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