Sabato scorso il movimento islamista palestinese Ḥamās, che controlla Gaza, ha chiamato a una nuova “Intifāḍa” se Washington riconoscerà Gerusalemme come capitale di Israele o trasferirà la sua ambasciata nella città contesa.
Libera traduzione da: France 24, 2017-12-03
Rapporti da Washington suggeriscono che il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump possa adempiere lunedì all’impegno della campagna per l’ambasciata americana, che, come tutte le altre missioni straniere, si trova attualmente nella città costiera di Tel Aviv.
“Mettiamo in guardia contro una tale mossa e chiediamo al popolo palestinese di rilanciare l’Intifāḍa se queste decisioni ingiuste su Gerusalemme verranno adottate”, ha detto Ḥamās in una dichiarazione.
Qualsiasi decisione di trasferire la propria ambasciata sarebbe “un flagrante attacco alla città da parte dell’Amministrazione americana” e darebbe a Israele “una copertura per continuare il suo crimine di ebraicizzare la città e svuotarla dai Palestinesi”, dice la dichiarazione.
Lo status di Gerusalemme è una questione chiave nel conflitto israelo-palestinese.
Sia gli Israeliani sia i Palestinesi rivendicano la città come loro capitale e precedenti piani di pace sono inciampati nei dibattiti su se e come dividere la sovranità o sorvegliare i luoghi santi.
L’ultima Intifāḍa, o rivolta palestinese, che ha causato la morte di circa 3.000 Palestinesi e 1.000 Israeliani, è stata scatenata nel 2000 dalla visita del leader dell’opposizione di destra Ariʼēl Sharōn nel luogo di massima crisi della città, la Moschea di al-Aqṣā.
Venerdì l’ufficio del Presidente palestinese ha detto all’AFP che il riconoscimento americano di Gerusalemme come capitale di Israele “distruggerebbe il processo di pace”.
Dal 1995 una legge degli Stati Uniti prevede che l’ambasciata di Washington in Israele debba essere spostata da Tel Aviv a Gerusalemme, come richiesto dallo Stato ebraico.
Ma da quando è stata approvata la legge, ogni sei mesi una serie di Presidenti degli Stati Uniti hanno firmato una deroga per bloccare un cambiamento che farebbe infuriare i Palestinesi e i loro sostenitori arabi.
Trump ha firmato la rinuncia una volta, e a malincuore, dopo aver promesso ai sostenitori Ebrei americani che sarebbe stato il Presidente che avrebbe reso definitivo il cambiamento.
La prossima scadenza arriva lunedì e alcuni a Washington suggeriscono che Trump abbia in programma un discorso sulla questione la prossima settimana, prima che il suo vice Mike Pence si diriga a Gerusalemme.
La Casa Bianca ha descritto come prematuri i rapporti secondo cui potrebbe rifiutarsi di firmare la deroga, ma le fonti hanno detto all’AFP che si aspettano che Trump riconosca ufficialmente Gerusalemme capitale di Israele.
La comunità internazionale non ha mai riconosciuto Gerusalemme come capitale di Israele o la sua annessione unilaterale di una fascia di territorio intorno al settore orientale della città, che ha conquistato nel Guerra dei Sei Giorni del 1967.
Nel frattempo, nei principali gruppi politici dei Territori palestinesi stanno covando tensioni. Sabato Ḥamās ha accusato l’Autorità Palestinese di aver bloccato un importante accordo di unità e ha chiesto la revoca delle sue sanzioni sulla Striscia di Gaza.
“Chiediamo che il governo del (Primo Ministro) Rāmī Ḥamdallāh si assuma pienamente le sue responsabilità e revochi le ingiuste sanzioni imposte al nostro popolo a Gaza”, ha detto Ḥamās, la fazione che controlla l’enclave costiera.
L’Autorità Palestinese, dominata da Fataḥ, avrebbe dovuto assumere il controllo di Gaza entro il 1° dicembre, secondo un accordo di unità di massima firmato a ottobre, ma i termini sono scaduti mentre le due fazioni si accusavano a vicenda di non rispettare l’accordo.